Lava nera e misteri vulcanici: il caso dell’Ol Doinyo Lengai

immagine dell'articolo
Ol Doinyo Lengai è in eruzione continuativa dal 2017. (sabine_lj/Shutterstock.com)

Quando si pensa a un’eruzione vulcanica, spesso si immagina una sfilata rossa e luminosa di lava densa che scorre lungo le pendici di una montagna infuocata. Tuttavia, l’Ol Doinyo Lengai, situato in Tanzania, sfida questa immagine con la sua lava nera e acquosa, unica al mondo, che si comporta in modi ancora non del tutto compresi dagli scienziati.

L’Ol Doinyo Lengai si erge per 2.962 metri (9.718 piedi) nella Rift Valley africana orientale, una regione caratterizzata da un’attività tettonica in corso da circa 25 milioni di anni. Questo vulcano è noto per eruttare lava carbonatica, che ha una consistenza fluida, un colore scuro e un punto di fusione incredibilmente basso.

La maggior parte dei vulcani erutta lava silicatica, ricca di silice, il che la rende densa e appiccicosa, con una temperatura di fusione superiore ai 900 gradi Celsius (1.652 Fahrenheit). Questo tipo di magma favorisce eruzioni esplosive e spettacolari a causa della viscosità che impedisce al gas di sfuggire facilmente.

Al contrario, la lava carbonatica dell’Ol Doinyo Lengai ha basse quantità di silice, rendendola molto più fluida e permettendo alle bolle di gas di liberarsi più agevolmente. Con un punto di fusione di soli 540 gradi Celsius (1.004 gradi Fahrenheit), le eruzioni di questo vulcano tendono a essere più tranquille, spruzzando la lava nera e appiccicosa come una pentola che ribolle.

Nel settembre 2007, l’Ol Doinyo Lengai ha però sorpreso tutti eruttando con tale violenza da creare un nuovo cratere largo 300 metri (985 piedi). Questa straordinaria esplosione è durata fino al 2008, quando il vulcano ha ripreso le sue eruzioni più dolci ed effusive.

Studi successivi hanno rivelato che il cratere appena formato potrebbe essere in fase di cedimento, con un’area di terreno larga circa 0,5 chilometri (0,31 miglia) che si è abbassata di 3,6 centimetri (1,4 pollici) all’anno tra il 2013 e il 2023. Gli scienziati ipotizzano che questo abbassamento possa essere causato da un serbatoio di magma in deflazione poco profondo, a meno di un chilometro di profondità sotto la sommità.

Questo sorprendente fenomeno sottolinea l’importanza di monitorare da vicino i vulcani attivi, poiché i processi di deformazione della sommità possono portare a crolli catastrofici. Il recente studio pubblicato sulla rivista Geophysical Research Letters utilizzando immagini satellitari ha confermato che l’Ol Doinyo Lengai potrebbe essere coinvolto in un processo di cedimento che richiede ulteriori indagini e attenzione costante.