I ricercatori hanno collegato le emissioni di raggi X provenienti da 21 quasar distanti alla rapida crescita dei buchi neri supermassicci nell’Universo primordiale, mettendo in discussione la fisica convenzionale con scoperte di tassi di accrescimento super-Eddington. Lo studio, pubblicato su Astronomy & Astrophysics, ha analizzato 21 dei quasar più distanti mai scoperti, osservati attraverso i telescopi spaziali XMM-Newton e Chandra. Questi quasar, galassie attive alimentate da buchi neri supermassicci al centro, sono stati formati durante l’alba cosmica dell’Universo, mostrando un accrescimento estremamente rapido e intenso che spiega le loro enormi masse nell’Universo primordiale.
I quasar sono tra gli oggetti più luminosi e distanti dell’Universo, emettendo enormi quantità di energia mentre attraggono materia. Questa ricerca ha analizzato quelli risalenti a un periodo in cui l’Universo aveva meno di un miliardo di anni, posizionandoli tra le prime strutture cosmiche osservate. L’analisi delle emissioni di raggi X ha rivelato un collegamento tra la forma di queste emissioni e la velocità dei venti di materia espulsi dai quasar, svelando una relazione tra la temperatura del gas nella corona e la velocità del vento, che può raggiungere migliaia di chilometri al secondo.
Secondo Alessia Tortosa, autrice principale dello studio e ricercatrice all’INAF a Roma, i buchi neri supermassicci al centro dei primi quasar formatisi entro il primo miliardo di anni di vita dell’Universo potrebbero aver aumentato rapidamente la loro massa, sfidando i limiti della fisica. Questo collegamento tra l’emissione di raggi X e i venti è cruciale per comprendere la formazione veloce di questi grandi buchi neri, risolvendo così uno dei misteri dell’astrofisica moderna.
Il risultato è stato ottenuto principalmente analizzando i dati raccolti con il telescopio spaziale XMM-Newton dell’Agenzia Spaziale Europea, che ha permesso circa 700 ore di osservazioni dei quasar. Questo lavoro fa parte del progetto HYPERION, che mira a studiare quasar iperluminosi durante l’alba cosmica dell’Universo. La vasta campagna osservativa è stata guidata da un team di scienziati italiani e ha ricevuto un supporto cruciale dall’INAF, finanziando così la ricerca avanzata sulla dinamica evolutiva delle prime strutture dell’Universo.
Luca Zappacosta, ricercatore all’INAF a Roma, sottolinea che i risultati ottenuti indicano un meccanismo di crescita super-Eddington dei buchi neri, con implicazioni importanti per future missioni di raggi X come ATHENA (ESA), AXIS e Lynx (NASA). Questi risultati saranno fondamentali per migliorare gli strumenti osservativi e investigare buchi neri e nuclei galattici attivi nei raggi X in epoche cosmiche più distanti, contribuendo alla comprensione della formazione delle prime strutture galattiche nell’Universo primordiale.
Riferimento: HYPERION. Fa luce sui primi quasar luminosi: una correlazione tra i venti del disco UV e il continuo dei raggi X di A. Tortosa, L. Zappacosta, E. Piconcelli, M. Bischetti, C. Done, G. Miniutti, I. Saccheo, G. Vietri, A. Bongiorno, M. Brusa, S. Carniani, I. V. Chilingarian, F. Civano, S. Cristiani, V. D’Odorico, M. Elvis, X. Fan, C. Feruglio, F. Fiore, S. Gallerani, E. Giallongo, R. Gilli, A. Grazian, M. Guainazzi, F. Haardt, A. Luminari, R. Maiolino, N. Menci, F. Nicastro, P. O. Petrucci, S. Puccetti, F. Salvestrini, R. Schneider, V. Testa, F. Tombesi, R. Tripodi, R. Valiante, L. Vallini, E. Vanzella, A. Vasylenko, C. Vignali, F. Vito, M. Volonteri e F. La Franca, 20 novembre 2024, Astronomy & Astrophysics. DOI: 10.1051/0004-6361/202449662