Un recente studio scientifico ha rivelato un interessante meccanismo che coinvolge una singola specie di batteri capace di sostenere una variegata comunità di fagi, con importanti implicazioni per lo sviluppo di terapie fagiche efficaci. Il lavoro di ricerca condotto da esperti provenienti da istituzioni di prestigio come NYU, Oxford e Yale ha evidenziato come i fagi possano coesistere all’interno di una popolazione batterica sfruttando diverse velocità di crescita, suggerendo la possibilità di utilizzare più fagi in combinazione per contrastare lo sviluppo di resistenze.
I fagi, virus che infettano e distruggono i batteri, stanno emergendo come potenziali trattamenti per infezioni pericolose, comprese quelle resistenti agli antibiotici. Tuttavia, la comprensione dei meccanismi che regolano la sopravvivenza dei fagi all’interno delle popolazioni batteriche è ancora limitata, rendendo complesso il processo di sviluppo di terapie fagiche efficaci.
Uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Science ha fornito la prima evidenza che una singola specie batterica può ospitare una diversificata comunità di fagi concorrenti. I ricercatori hanno osservato che più specie di fagi possono coesistere all’interno di un ceppo geneticamente identico di E. coli, un batterio comune nell’intestino umano che comprende varianti innocue e patogene.
Gli scienziati hanno scoperto che, nonostante la competizione tra i diversi virus, le diverse specie di fagi mostravano una preferenza per le cellule batteriche che crescevano a velocità diverse, trovando così una propria nicchia all’interno dell’ospite e garantendo una coesistenza stabile. Ad esempio, in uno studio specifico, due specie di fagi, denominate N e S, coesistevano perché N era più adatta alle cellule batteriche a crescita rapida, mentre S era più efficace nelle cellule a crescita lenta.
Questi risultati sono cruciali per la progettazione di terapie fagiche efficaci, poiché permettono di evitare il problema della resistenza batterica che spesso si verifica con gli antibiotici. La capacità di utilizzare più tipi di fagi in combinazione potrebbe consentire di eliminare l’intera popolazione batterica prima che si sviluppi resistenza al trattamento.
Attualmente, le terapie fagiche non sono ancora diventate un trattamento standard per le infezioni batteriche, ma i laboratori stanno già testando queste nuove strategie come alternative agli antibiotici. Ad esempio, uno studio clinico guidato dal dott. Paul Turner dell’Università di Yale utilizza fagi contro la specie Pseudomonas aeruginosa, responsabile di gravi infiammazioni polmonari in pazienti affetti da fibrosi cistica.
Il lavoro di ricerca svolto da Nora Pyenson, PhD, e dal suo team rappresenta un importante contributo al campo dello studio delle interazioni virali, evidenziando come la diversità delle specie possa emergere anche tra i virus. Questi risultati aprono nuove prospettive per la comprensione dell’ecologia dei fagi e il loro impatto sulla salute e sulle malattie, offrendo spunti interessanti per lo sviluppo di terapie innovative e personalizzate.
In conclusione, la ricerca scientifica continua a esplorare le complesse dinamiche che regolano le interazioni tra batteri e fagi, aprendo la strada a nuove strategie terapeutiche e a una maggiore comprensione della diversità virale e del loro ruolo nell’ecosistema microbiologico.
Links: