Nuove scoperte sull’effetto degli inibitori dei checkpoint sul sistema immunitario potrebbero rivoluzionare le strategie di trattamento del cancro. Un team internazionale, guidato dall’Istituto di Ricerca Medica Garvan, ha individuato una possibile spiegazione alla maggiore vulnerabilità alle infezioni comuni riscontrata in alcuni pazienti affetti da cancro trattati con immunoterapia a inibitori dei checkpoint. I risultati, pubblicati su Immunity, offrono nuove prospettive sulle risposte immunitarie e suggeriscono un possibile approccio per mitigare l’effetto collaterale comune della terapia antitumorale.
Le terapie con inibitori dei checkpoint hanno trasformato il panorama del trattamento del cancro, consentendo ai linfociti T di combattere in modo più efficace i tumori e le cellule tumorali. Tuttavia, ciò non è avvenuto senza conseguenze – uno dei rischi è che circa il 20% dei pazienti sottoposti a questa terapia sperimenta un aumento delle infezioni, un fenomeno fino a poco tempo fa poco compreso, come sottolinea il Professor Stuart Tangye, co-autore senior dello studio e Responsabile del Laboratorio di Immunologia e Immunodeficienza presso il Garvan.
Secondo i nostri risultati, se da un lato gli inibitori dei checkpoint potenziano la risposta immunitaria contro il cancro, dall’altro possono limitare l’azione dei linfociti B, le cellule del sistema immunitario responsabili della produzione di anticorpi per difendersi dalle infezioni comuni. Questa comprensione rappresenta un passo fondamentale per affrontare e ridurre gli effetti collaterali di questa terapia antitumorale sull’immunità.
Per migliorare l’immunoterapia, i ricercatori si sono concentrati sulla molecola PD-1, che agisce come un “freno” sul sistema immunitario, regolando l’attività dei linfociti T. Le terapie con inibitori dei checkpoint agiscono rilasciando questo “freno” molecolare per potenziare la capacità del sistema immunitario di combattere il cancro. Lo studio, condotto in collaborazione con la Rockefeller University e la Scuola di Medicina di Kyoto, ha analizzato le cellule immunitarie di pazienti con rare carenze genetiche di PD-1 o del suo partner di legame PD-L1, nonché modelli animali privi di segnalazione di PD-1.
I ricercatori hanno scoperto che la mancanza o l’attività compromessa di PD-1 può ridurre significativamente la diversità e la qualità degli anticorpi prodotti dai linfociti B di memoria, le cellule immunitarie a lunga durata che “ricordano” le infezioni passate. Secondo il Dottor Masato Ogishi, primo autore dello studio presso la Rockefeller University, le persone affette da carenze di PD-1 o PD-L1 presentano una minore diversità negli anticorpi e un minor numero di linfociti B di memoria, rendendo più difficile la produzione di anticorpi di alta qualità contro patogeni comuni come virus e batteri.
Il Professor Tangye aggiunge che questa riduzione nella generazione e nella qualità dei linfociti B di memoria potrebbe spiegare l’aumento delle infezioni riportato nei pazienti affetti da cancro trattati con inibitori dei checkpoint. Il co-autore Dr. Kenji Chamoto, della Kyoto University, sottolinea che l’inibizione di PD-1 ha un effetto contrastante, potenziando l’immunità antitumorale ma ostacolando al contempo l’immunità mediata dagli anticorpi, un equilibrio che sembra derivare da un meccanismo di omeostasi immunitaria.
I ricercatori consigliano ai clinici di monitorare attentamente la funzionalità dei linfociti B nei pazienti trattati con inibitori dei checkpoint e di adottare interventi preventivi per coloro a rischio maggiore di infezioni. Il co-autore senior Dr. Stéphanie Boisson-Dupuis, della Rockefeller University, evidenzia che sebbene gli inibitori di PD-1 abbiano migliorato notevolmente la cura del cancro, i clinici devono considerare il possibile compromesso tra l’immunità antitumorale potenziata e l’immunità mediata dagli anticorpi compromessa.
Una possibile soluzione preventiva potrebbe essere la terapia di sostituzione degli immunoglobulini (IgRT), un trattamento utilizzato per integrare gli anticorpi mancanti nei pazienti con immunodeficienze, che potrebbe essere considerato come misura preventiva per i pazienti affetti da cancro a rischio di infezioni.
Lo studio di condizioni genetiche rare come la carenza di PD-1 o PD-L1 fornisce preziose informazioni su come funziona normalmente il sistema immunitario umano e su come possiamo intervenire. Secondo il Professor Tangye, grazie a questi pazienti è possibile perfezionare le immunoterapie contro il cancro per massimizzare i benefici e minimizzare i rischi.
Guardando al futuro, i ricercatori esploreranno nuove strategie per ottimizzare i trattamenti con inibitori dei checkpoint al fine di mantenere gli effetti antitumorali potenti preservando la capacità del sistema immunitario di combattere le infezioni. Questa ricerca sottolinea il potenziale dell’integrazione tra ricerca sul cancro, genomica e immunologia per ottenere scoperte che possano beneficiare un vasto pubblico.
Riferimento: Sviluppo compromesso dei linfociti B di memoria e delle risposte anticorpali in esseri umani e topi carenti di segnalazione di PD-1 di Masato Ogishi, Koji Kitaoka, Kim L. Good-Jacobson, Darawan Rinchai, Baihao Zhang, Jun Wang, Vincent Gies, Geetha Rao, Tina Nguyen, Danielle T. Avery, Taushif Khan, Megan E. Smithmyer, Joseph Mackie, Rui Yang, Andrés Augusto Arias, Takaki Asano, Khoren Ponsin, Matthieu Chaldebas, Peng Zhang, Jessica N. Peel, Jonathan Bohlen, Romain Lévy, Simon J. Pelham, Wei-Te Lei, Ji Eun Han, Iris Fagniez, Maya Chrabieh, Candice Laine, David Langlais, Conor Gruber, Fatima Al Ali, Mahbuba Rahman, Caner Aytekin, Basilin Benson, Matthew J. Dufort, Clara Domingo-Vila, Kunihiko Moriya, Mark Shlomchik, Gulbu Uzel, Paul E. Gray, Daniel Suan, Kahn Preece, Ignatius Chua, Satoshi Okada, Shunsuke Chikuma, Hiroshi Kiyonari, Timothy I. Tree, Dusan Bogunovic, Philippe Gros, Nico Marr, Cate Speake, Richard A. Oram, Vivien Béziat, Jacinta Bustamante, Laurent Abel, Bertrand Boisson, Anne-Sophie Korganow, Cindy S. Ma, Matthew B. Johnson, Kenji Chamoto, Stéphanie Boisson-Dupuis, Tasuku Honjo, Jean-Laurent Casanova e Stuart G. Tangye, 26 novembre 2024, Immunity. DOI: 10.1016/j.immuni.2024.10.014