I microplastici sono ormai diffusi ovunque, con minuscoli frammenti rinvenuti in vari organi principali del corpo umano, inclusa la placenta. È fondamentale approfondire la conoscenza sui potenziali rischi che possono rappresentare per la nostra salute, considerando quanto facilmente queste particelle microscopiche possano infiltrarsi nei nostri tessuti.
I ricercatori si sono dedicati allo studio degli effetti dei microplastici su mini-repliche di organi e topi, al fine di comprendere come possano influenzare il corpo umano. Tuttavia, le concentrazioni di microplastici impiegate in tali studi potrebbero non rispecchiare l’esposizione effettiva delle persone, e sono stati condotti pochi studi sugli esseri umani.
Nel mese di marzo, uno studio condotto in Italia ha individuato frammenti di microplastici nei depositi adiposi rimossi chirurgicamente da pazienti sottoposti a un intervento per aprire le loro arterie occluse, riportando i loro esiti di salute quasi tre anni dopo. L’asportazione delle placche adipose dalle arterie restringenti, mediante un intervento noto come endoarteriectomia carotidea, riduce il rischio di futuri ictus.
Il team di ricerca dietro a questo recente studio, guidato da Raffaele Marfella, medico ricercatore presso l’Università della Campania a Napoli, ha indagato sul confronto tra il rischio di ictus, infarti e mortalità tra i pazienti che presentavano microplastici nelle loro placche e coloro che non ne avevano.
Seguendo 257 pazienti per 34 mesi, i ricercatori hanno scoperto che quasi il 60% di loro aveva quantità misurabili di polietilene nelle placche estratte dalle loro arterie ispessite di grasso, mentre il 12% presentava anche policloruro di vinile (PVC) nei depositi adiposi rimossi.
Il PVC, utilizzato per la produzione di tubi per l’acqua, bottiglie di plastica, pavimenti e imballaggi, è disponibile in forme rigide e flessibili. Il polietilene, la plastica più diffusa, è impiegato per sacchetti, pellicole e bottiglie di plastica.
Considerando i microplastici precedentemente individuati nel flusso sanguigno umano, i ricercatori erano giustamente preoccupati per la salute del cuore. Studi di laboratorio suggeriscono che i microplastici possano scatenare infiammazione e stress ossidativo nelle cellule cardiache, compromettendo la funzionalità cardiaca, alterando il ritmo cardiaco e causando cicatrici al cuore in animali come i topi.
Dati osservazionali provenienti da studi sull’esposizione professionale indicano un aumento del rischio di malattie cardiovascolari tra le persone esposte all’inquinamento correlato alla plastica, incluso il policloruro di vinile, rispetto alla popolazione generale, come riportato da Marfella e colleghi.
Nello studio, i pazienti con microplastici nelle placche asportate presentavano 4,5 volte più probabilità di aver subito un ictus, un infarto non fatale o di essere deceduti per qualsiasi causa dopo 34 mesi rispetto a coloro che non avevano microplastici rilevabili nelle placche rimosse.
La quantità di microplastici, inclusi i nanoplastici, è stata misurata utilizzando la tecnica della gascromatografia-mass spectrometry a pirolisi, e la loro presenza è stata confermata tramite l’analisi degli isotopi stabili, in grado di distinguere il carbonio dei tessuti umani da quello delle plastiche derivate dal petrolio.
I microplastici sono stati osservati anche attraverso potenti microscopi: i ricercatori hanno individuato frammenti di plastica con margini frastagliati all’interno delle cellule immunitarie chiamate macrofagi e all’interno delle placche adipose.
Esaminando i campioni di tessuto, il team ha rilevato livelli più elevati di marcatori infiammatori nei pazienti con microplastici nelle loro placche. Tuttavia, è importante sottolineare che uno studio osservazionale come questo non può stabilire con certezza che i microplastici siano responsabili degli effetti cardiaci successivi, ma solo che esiste un’associazione.
Lo studio non ha considerato altri fattori di rischio per le malattie cardiovascolari, come il fumo, l’inattività fisica e l’inquinamento atmosferico. Nonostante non si conoscano le altre esposizioni che potrebbero aver contribuito agli esiti avversi tra i pazienti di questo studio, la scoperta di microplastici e nanoplastici nei tessuti delle placche rappresenta una scoperta rivoluzionaria che solleva una serie di domande urgenti su come ridurre l’esposizione, come spiegato da Philip J. Landrigan, pediatra, medico di sanità pubblica ed epidemiologo del Boston College, in un editoriale correlato.
La produzione di plastica è aumentata in modo esponenziale negli ultimi due decenni, con solo una piccola parte riciclata. Tuttavia, i tassi di malattie cardiovascolari sono diminuiti in alcune regioni del mondo, pertanto sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere il legame tra i due fenomeni.
Lo studio è stato pubblicato sul The New England Journal of Medicine. Una versione di questo articolo è stata originariamente pubblicata a marzo 2024.
Links: