L’analisi del tessuto cerebrale umano ha rivelato interessanti differenze nel comportamento delle cellule immunitarie nei cervelli affetti da malattia di Alzheimer rispetto a quelli sani, aprendo la strada a nuove prospettive di trattamento. La ricerca condotta dall’Università di Washington nel 2023 ha evidenziato che le microglie presenti nei cervelli delle persone affette da Alzheimer mostravano una maggiore propensione a uno stato pre-infiammatorio, il che le rendeva meno efficaci nel loro ruolo protettivo.
Le microglie sono cellule immunitarie fondamentali per il mantenimento della salute cerebrale, responsabili dell’eliminazione dei rifiuti e del sostegno alla normale funzionalità cerebrale. In situazioni di infezione o per rimuovere cellule morte, queste versatili cellule possono modificare la propria morfologia diventando più attive nel fagocitare invasori e detriti. Durante lo sviluppo, le microglie contribuiscono anche alla modulazione delle sinapsi, favorendo il corretto funzionamento del cervello.
Sebbene il ruolo delle microglie nell’Alzheimer non sia ancora del tutto chiaro, è emerso che in individui affetti da questa malattia neurodegenerativa alcune microglie reagiscono in modo eccessivo, generando infiammazione che contribuisce alla morte delle cellule cerebrali. Nonostante i tentativi con farmaci anti-infiammatori non abbiano portato a risultati significativi, i ricercatori hanno approfondito lo studio del coinvolgimento delle microglie nell’Alzheimer.
Per esaminare più dettagliatamente il ruolo delle microglie nella malattia di Alzheimer, i neuroscienziati dell’Università di Washington, tra cui Katherine Prater e Kevin Green, hanno collaborato con diverse istituzioni statunitensi utilizzando campioni di autopsia cerebrale provenienti da 12 donatori con Alzheimer e 10 controlli sani. Attraverso un innovativo metodo di sequenziamento dell’RNA a singolo nucleo, il team ha identificato 10 diversi cluster di microglie nel tessuto cerebrale, ciascuno caratterizzato da un particolare profilo genico che ne determina le funzioni.
È emerso che alcuni cluster di microglie, presenti in maggior misura nei cervelli delle persone con Alzheimer, mostravano un’attivazione genica legata all’infiammazione e alla morte cellulare. Complessivamente, i ricercatori hanno osservato che i cluster di microglie nei cervelli affetti da Alzheimer tendevano a manifestare uno stato pre-infiammatorio, producendo molecole infiammatorie dannose per le cellule cerebrali e favorendo la progressione della malattia.
Si è inoltre ipotizzato che le microglie possano cambiare tipologia nel corso del tempo, suggerendo la necessità di monitorare l’evoluzione di queste cellule per comprendere meglio il loro contributo all’Alzheimer. Secondo Prater, è ancora incerto se le microglie siano responsabili della patologia o se siano influenzate dalla patologia stessa nel modificare il loro comportamento.
Nonostante la ricerca sia ancora in fase preliminare, i risultati ottenuti contribuiscono a una maggiore comprensione del ruolo delle microglie nella malattia di Alzheimer, indicando la possibilità di identificare specifici cluster di microglie come potenziali bersagli per nuove terapie. Il team si mostra fiducioso che il loro lavoro possa portare allo sviluppo di trattamenti innovativi in grado di migliorare la qualità di vita delle persone affette da Alzheimer.
Il lavoro condotto è stato pubblicato su Nature Aging, rappresentando un importante passo avanti nella ricerca sulle microglie e la malattia di Alzheimer.
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