Nelle fumarole oceaniche al largo della costa italiana è stato individuato un nuovo ceppo di cianobatteri con potenziali capacità di cattura del biossido di carbonio, uno dei principali responsabili del cambiamento climatico. Questo cianobatterio, noto come UTEX 3222 ma soprannominato affettuosamente Chonkus per la sua rapida crescita in presenza di CO2, è stato isolato per la prima volta in campioni di acqua marina provenienti da sorgenti vulcaniche poco profonde vicino all’isola di Vulcano.
Le fumarole, grazie alla luce solare e alla presenza di gas, sono state individuate come un ambiente ideale per la ricerca di organismi fotosintetici adattati a prosperare in presenza di CO2 e a catturarla. Braden Tierney, co-autore dello studio, ha sottolineato l’importanza di esplorare la diversità microbica esistente nel mondo anziché tentare di ingegnerizzare batteri in laboratorio.
I campioni di acqua marina sono stati trasportati in un laboratorio a Boston, dove i ricercatori hanno coltivato i cianobatteri in condizioni ricche di CO2, isolando così Chonkus. Gli esperimenti hanno dimostrato che Chonkus cresceva in modo sorprendentemente veloce, superando altri ceppi di alghe a crescita rapida, con la capacità di raddoppiare le dimensioni della colonia in poco più di 2 ore.
Le singole cellule di Chonkus presentavano densità più elevate e contenevano granuli di stoccaggio ricchi di carbonio, rendendolo un candidato ideale per la cattura del carbonio. Inoltre, la particolarità di affondare rapidamente lo rende ancora più interessante per la raccolta efficace di grandi quantità di CO2 sul fondo marino.
George Church, autore dello studio, ha sottolineato che i ceppi di cianobatteri evoluti naturalmente descritti nella ricerca potrebbero essere sfruttati sia nell’industria che nell’ambiente, ad esempio per la produzione di prodotti a base di carbonio o per l’abbassamento del carbonio sul fondo oceanico.
Pur potendo essere ottimizzati ulteriormente, sfruttare l’evoluzione naturale dei microrganismi rappresenta un vantaggio significativo nell’urgente necessità dell’umanità di contrastare il cambiamento climatico. Lo studio è stato pubblicato su Applied and Environmental Microbiology.
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