Attualmente, la ricerca di segni di vita su Marte si concentra sia sulla superficie del pianeta che, potenzialmente, anche nell’oceano di acqua liquida scoperto in profondità nella crosta marziana. La scoperta di eventuali forme di vita potrebbe fornire importanti informazioni sull’evoluzione della vita stessa, sulla sua diffusione nel cosmo e persino sulla possibilità di una relazione tra la vita terrestre e quella marziana, magari trasportata da un pianeta all’altro durante il passaggio di materiale attraverso il sistema solare.
Quando la NASA invia sonde robotiche su Marte, è estremamente attenta a evitare qualsiasi forma di contaminazione biologica, al fine di preservare il pianeta il più incontaminato possibile. Esistono addirittura delle “Regioni Speciali” designate come aree proibite, dove la vita potrebbe avere maggiori probabilità di esistere, e che finora sono state evitate per timore di contaminarle con microrganismi terrestri.
Immaginiamo per un attimo che Marte sia attualmente un pianeta freddo e privo di vita, mentre l’umanità continua a crescere e prosperare. In tal caso, potrebbe sorgere la possibilità di colonizzare Marte. Tuttavia, anziché dover affrontare il problema del riscaldamento globale, gli umani dovrebbero effettivamente riscaldare artificialmente il pianeta per renderlo abitabile, non solo per sé stessi ma anche per qualsiasi forma di vita che intendano portare con sé.
Esistono varie proposte per terraformare Marte, dalle sostanze chimiche come i clorofluorocarburi (CFC) alle versioni fluorurate di metano, etano e propano. Tuttavia, questi composti sono rari su Marte, rendendoli meno pratici per un progetto di terraformazione su larga scala. Un nuovo approccio, presentato da un team di ricerca, propone l’utilizzo di aerosol artificiali composti da materiali facilmente reperibili su Marte, come nanosteli conduttivi lunghi circa 9 micrometri, che potrebbero riscaldare il pianeta in modo molto più efficiente rispetto ai gas tradizionali.
Secondo il team di ricerca, le nanoparticelle di alluminio e/o ferro verrebbero rilasciate nell’atmosfera marziana, agendo come una sorta di “glitter spaziale”. Queste particelle, leggermente più piccole delle dimensioni del glitter commerciale, assorbirebbero e diffonderebbero più efficacemente le radiazioni solari, contribuendo al riscaldamento del pianeta. Modelli climatici indicano che un rilascio costante di 30 litri al secondo di queste nanoparticelle potrebbe aumentare la temperatura globale di Marte di 30 kelvin e avviare il processo di fusione del ghiaccio superficiale.
Tuttavia, ci sono diverse incognite da considerare. Ad esempio, se Marte dovesse ospitare forme di vita, un cambiamento repentino della temperatura potrebbe risultare letale per esse. Inoltre, se il suolo marziano contenesse composti tossici per la vita terrestre, il riscaldamento potrebbe avere scarso beneficio per i futuri coloni umani. I campioni di suolo marziano che la NASA sta raccogliendo potrebbero fornire importanti risposte a queste domande.
Anche se il riscaldamento del pianeta potrebbe far fondere il ghiaccio superficiale, esiste il rischio che questo si scarichi rapidamente nel sottosuolo marziano, richiedendo una gestione attenta. Inoltre, non è ancora chiaro se Marte disponga dei materiali necessari per la produzione delle nanoparticelle, o se questi dovrebbero essere trasportati dalla Terra, rendendo il progetto più complesso e meno praticabile.
Tuttavia, l’idea di utilizzare il “glitter spaziale” per riscaldare Marte potrebbe rappresentare un approccio innovativo e potenzialmente efficace, aprendo nuove prospettive per la futura colonizzazione del pianeta rosso. Lo studio completo è stato pubblicato su Science Advances: Planetary Science.
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