I PFAS, noti anche come “sostanze per sempre”, sono stati rilevati in quasi tutti i pesci testati nei fiumi dell’Illinois, mettendo in luce la diffusione di questi inquinanti sintetici nell’ambiente naturale. Un recente studio condotto dai ricercatori dell’Università di Illinois Urbana-Champaign ha analizzato 17 diversi PFAS su nove specie di pesci provenienti da 15 siti di campionamento distribuiti in quattro corsi d’acqua dell’Illinois.
I risultati hanno mostrato che tutti i pesci testati erano contaminati da PFAS in tutti i 15 siti di campionamento, con livelli significativi di un particolare composto chiamato PFOS riscontrati in quasi tutti i pesci esaminati. In particolare, i livelli più elevati sono stati riscontrati nei pesci di cima alla catena alimentare, come il pesce gatto canale, suggerendo un processo di bioaccumulazione. I pesci catturati in prossimità di aree urbane e industriali presentavano livelli ancora più elevati di contaminazione da PFAS.
I PFAS devono il loro soprannome di “sostanze per sempre” alla loro elevata resistenza alla degradazione, dovuta ai forti legami carbonio-fluoro che li rendono persistenti nell’ambiente e negli organismi viventi per lunghi periodi di tempo. Queste sostanze contengono numerosi legami carbonio-fluoro, tra i più stabili in chimica organica, il che li rende estremamente difficili da degradare.
Joseph Irudayaraj, professore di bioingegneria all’Università di Illinois Urbana-Champaign, che ha guidato lo studio, ha sottolineato che i PFAS sono apprezzati per la loro durata e stabilità anche in condizioni di stress come alte temperature o contatto con l’acqua. Queste sostanze sono ampiamente utilizzate in vari settori, tra cui prodotti industriali e per i consumatori come pentole antiaderenti, abbigliamento idrorepellente, imballaggi alimentari, schiume antincendio e detergenti.
Recenti ricerche hanno evidenziato la diffusione diffusa dei PFAS nelle acque, nel suolo, nell’aria e negli organismi viventi in tutto il mondo. Livelli preoccupanti di queste sostanze sono stati riscontrati in diversi ambienti, dall’acqua potabile e piovana alle feci di animali domestici e al latte materno. Il professor Irudayaraj ha dichiarato che circa il 99% della popolazione negli Stati Uniti ha tracce di PFAS nel proprio organismo.
Queste sostanze sono associate a diversi effetti negativi sulla salute, tra cui danni al fegato, disturbi della tiroide, obesità, problemi di fertilità e cancro. Tuttavia, la piena portata degli effetti nocivi dei PFAS è ancora in fase di studio e comprensione.
Nonostante siano state intraprese alcune azioni per affrontare il problema dei PFAS a livello globale, la complessità e l’entità del fenomeno rendono la situazione tutt’altro che semplice. Nel 2024, l’Agenzia per la Protezione Ambientale degli Stati Uniti ha stabilito i primi limiti nazionali per i PFAS nell’acqua potabile, sebbene la normativa si concentri solo su sei tipi di PFAS, ignorando migliaia di altre varianti.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Science of The Total Environment, contribuendo così alla crescente consapevolezza e comprensione dei rischi legati alla diffusione dei PFAS nell’ambiente.
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