Nella ricerca di civiltà extraterrestri, la sfida principale è capire cosa esattamente cercare. Tradizionalmente, ci si è concentrati sulla ricerca di segnali e segni rilevabili che noi stessi potremmo emettere, assumendo che eventuali civiltà aliene utilizzino tecnologie simili alle nostre, basate sulla stessa fisica. Questo approccio, seppur logico, potrebbe non essere il più efficace. Infatti, nel corso dei secoli, le civiltà intelligenti sulla Terra hanno rapidamente abbandonato tecnologie rilevabili una volta aumentata la loro comprensione dell’universo.
Un esempio lampante di questo fenomeno è il passaggio dalle comunicazioni analogiche a quelle digitali avvenuto nel nostro pianeta. Anche se i segnali analogici nel range di frequenza utilizzato per le comunicazioni sarebbero inefficienti per stabilire un contatto con civiltà aliene, è plausibile che queste ultime possano diventare “radio silenziose” in un breve lasso di tempo cosmologico, rendendo ancora più ardua la loro individuazione.
Di conseguenza, gli scienziati si sono interrogati su che tipo di segnale una civiltà avanzata potrebbe inviare e a quale livello tecnologico dovrebbe essere per farlo. Sebbene sia puramente speculativo, esistono alcune ipotesi su quale tipo di segnale avrebbe senso e su quali informazioni dovrebbe contenere per essere riconosciuto come proveniente da una civiltà intelligente.
Negli anni ’60, ad esempio, si è ipotizzato di concentrarsi su una frequenza ben nota, 1,42 GHz, in cui l’idrogeno neutro emette radiazioni nello spazio interstellare. L’idea alla base di questa scelta è che questa emissione naturale è diffusa in tutta la galassia, quindi qualsiasi civiltà intelligente ne sarebbe a conoscenza e potenzialmente potrebbe utilizzarla per massimizzare le possibilità di rilevamento.
Con il progresso tecnologico, il SETI radio si è evoluto su molteplici fronti, cercando di inviare segnali attraverso la galassia o l’universo, in particolare segnali continui che offrirebbero la migliore probabilità di essere rilevati. Tuttavia, questo tipo di trasmissione richiede una quantità di energia molto superiore a quella attualmente generata dagli esseri umani.
Nel 1963, l’astronomo sovietico Nikolai Kardashev ha proposto una classificazione delle civiltà in base alla quantità di energia che sono in grado di sfruttare dall’ambiente circostante. Le civiltà di Tipo I possono sfruttare tutta l’energia disponibile sul loro pianeta, mentre quelle di Tipo II possono attingere all’energia della propria stella, ad esempio costruendo una Sfera di Dyson. Le civiltà di Tipo III sarebbero in grado di sfruttare l’energia di tutta la galassia.
Sebbene le quantità di energia coinvolte per le civiltà di Tipo II e III siano estremamente elevate, Kardashev ha calcolato che l’umanità potrebbe raggiungere questi livelli rispettivamente in 3.200 e 5.800 anni, basandosi su un tasso di crescita annuale dell’1% della produzione di energia sulla Terra.
Una scala estesa, proposta nel 2020, introduce la figura della civiltà di Tipo IV, in grado di sfruttare l’energia dell’universo osservabile. Attualmente, gli esseri umani sono considerati una civiltà di Tipo 0.72, in base al nostro consumo energetico.
Secondo Kardashev, rilevare civiltà di Tipo I, con la loro produzione energetica limitata ma superiore alla nostra, sarebbe estremamente improbabile. Tuttavia, i segnali inviati da civiltà di Tipo II e Tipo III potrebbero essere rilevati, se non necessariamente risposti, da una civiltà di Tipo I con telescopi radio relativamente avanzati rispetto ai nostri.
Un’assunzione fondamentale è che le civiltà aliene trasmetterebbero informazioni scientifiche molto più avanzate delle nostre, con l’obiettivo di essere captate da civiltà meno sviluppate, un’ipotesi che potrebbe non essere vantaggiosa per una civiltà desiderosa di sopravvivere.
La scala di Kardashev fornisce un’indicazione delle civiltà in grado di inviare segnali che potremmo presto essere in grado di rilevare. Se esistono civiltà avanzate di questo tipo, considerando la vastità dell’universo e la sua età, ciò potrebbe aprirci nuove prospettive di ricerca, come ad esempio la ricerca di gigantesche megastrutture utilizzate per sfruttare l’energia.
Anche se abbiamo una visione abbastanza chiara delle nostre capacità attuali e future, l’osservare cosa una specie aliena avanzata potrebbe realizzare potrebbe offrirci spunti interessanti sui nostri potenziali futuri.
Se, scrutando il cielo, non riuscissimo a individuare segni di civiltà di Tipo III in grado di sfruttare l’energia su scala galattica, ciò potrebbe suggerire che esista un ostacolo che impedisce alle specie intelligenti di raggiungere quel livello, e che un Grande Filtro potrebbe essere in agguato di fronte a noi.
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