Quest’anno è stata confermata l’importanza di una missione su Titano, la luna di Saturno, poiché le osservazioni effettuate hanno rivelato che questo mondo, il più simile alla Terra che conosciamo, nasconde ancora molti misteri.
Appena un mese dopo la scoperta che le onde stanno erodendo le rive dei laghi più grandi di Titano, un nuovo studio ha evidenziato che anche sui mari del satellite le onde sono appena percettibili. Questo fatto solleva interrogativi sulla potenza nascosta di queste piccole increspature.
Titano, troppo freddo per ospitare acqua liquida in superficie, presenta laghi di idrocarburi liquidi, tra cui tre così estesi da essere definiti mari. Sebbene distante dall’essere una seconda Terra, Titano rappresenta attualmente la nostra migliore opportunità di esplorazione, considerate le sfide del viaggio interstellare, e funge da modello per comprendere i primi stadi evolutivi del nostro pianeta.
La missione Dragonfly è stata proposta per esaminare da vicino questi intriganti corpi di etano e metano. Una delle domande principali riguarda le dimensioni delle onde che solcano la superficie dei mari di Titano, paragonabili per grandezza ai Grandi Laghi del Nord America e dell’Africa, dove tempeste possono far affondare navi di grandi dimensioni.
Un recente studio ha suggerito che anche su Titano potrebbero verificarsi fenomeni simili, basandosi sull’erosione osservata lungo i margini dei corpi liquidi più estesi. Tuttavia, la forza della scienza risiede nella capacità di mettere in discussione le conclusioni, specialmente alla luce di nuove evidenze.
Utilizzando i dati radar acquisiti dalla missione Cassini sui mari polari di Titano, il team guidato dal dottor Valerio Poggiali dell’Università di Cornell ha misurato la ruvidezza su Kraken, Ligeia e Punga Mare in millimetri. Sebbene queste increspature non provocherebbero certamente il mal di mare nemmeno al più sensibile dei marinai, in alcune zone costiere potrebbero raggiungere anche mezzo centimetro, indicando la presenza di forti correnti locali.
Il team ha inoltre individuato segnali che gli estuari, dove i fiumi sfociano nei laghi e nei mari, presentano una maggiore concentrazione di metano e una minore quantità di etano rispetto alla norma, simile alle acque salmastre dei mari terrestri. Questo è coerente con il fatto che le precipitazioni su Titano sono principalmente composte da metano e azoto, generando fiumi di metano che trasportano azoto disciolto.
Il recente studio ha sfruttato le osservazioni radar bistatiche effettuate da Cassini con il suo Sottosistema di Scienza Radio, analizzando le caratteristiche superficiali dei liquidi presenti su Titano. Questo approccio ha permesso di distinguere con maggiore precisione la ruvidezza superficiale dalla composizione chimica, rispetto alle osservazioni monostatiche utilizzate in passato.
Le grandi onde sui mari di Titano sono considerate plausibili, poiché le dune presenti sembrano essere modellate da venti intensi. Tuttavia, le dune si concentrano principalmente vicino all’equatore, mentre i corpi liquidi più estesi si trovano ai poli.
Lo studio è stato pubblicato in open access su Nature Communications, offrendo un’importante contributo alla comprensione della complessa dinamica dei mari di Titano e delle peculiarità di questo affascinante mondo alieno.
Links: