Le stelle giganti rosse, grazie alla trasmissione delle note profonde al loro interno, possono fornire informazioni cruciali sulle distanze cosmiche, aprendo nuove prospettive per la misurazione dell’universo. Questo potrebbe rivelarsi di grande importanza per gli astronomi, specialmente in un momento in cui le misurazioni delle distanze cosmiche stanno mettendo in discussione i modelli attuali dell’universo, generando una sorta di crisi in cosmologia.
Attualmente, esiste una discrepanza nota come tensione di Hubble tra i due principali metodi utilizzati per misurare il tasso di espansione dell’universo. In passato, le incertezze di entrambi i metodi erano così ampie da sovrapporsi, ma con l’avvento di nuovi strumenti più precisi, questa sovrapposizione è scomparsa, evidenziando la necessità di risolvere questa discrepanza.
Un team di ricercatori ha proposto un nuovo approccio, sfruttando una sottocategoria di stelle giganti rosse chiamate stelle “punta del ramo gigante rosso” (TRGB) per offrire una misura alternativa del tasso di espansione dell’universo. Queste stelle, in fase avanzata della loro evoluzione, rappresentano un potenziale strumento di misurazione grazie alle loro caratteristiche uniche.
Le stelle TRGB, in particolare quelle nelle Nubi di Magellano, sono state suddivise in diverse popolazioni in base alla durata delle loro vibrazioni interne. Questa suddivisione ha rivelato che le stelle con vibrazioni più lente sono particolarmente preziose per gli astronomi, poiché forniscono informazioni cruciali sulla luminosità e sulla distanza.
Uno degli autori dello studio, Richard Anderson, ha spiegato che le oscillazioni acustiche osservate nelle stelle TRGB consentono di distinguere tra stelle più giovani e più anziane, fornendo così una base per calcolare con maggiore precisione la loro luminosità reale e, di conseguenza, la loro distanza.
Questo nuovo metodo potrebbe rappresentare una svolta nel campo della misurazione delle distanze cosmiche, offrendo un’alternativa alle tradizionali variabili Cefeidi. Misurare il movimento e la luminosità intrinseca delle stelle TRGB potrebbe fornire una nuova prospettiva sulla crescita dell’universo e contribuire a risolvere la tensione di Hubble.
Sebbene le stelle TRGB non siano così luminose come le supernovae di tipo Ia, che sono state ampiamente utilizzate per misurazioni distanti, la loro disponibilità e la possibilità di misurarle più facilmente potrebbero renderle fondamentali per calibrare le misurazioni nelle galassie più vicine, dove sono state osservate le supernovae.
Lo studio condotto da Anderson e il suo team, pubblicato sulla rivista Astrophysical Journal Letters in open access, potrebbe aprire nuove prospettive per risolvere la tensione di Hubble e per migliorare la nostra comprensione dell’universo in continua espansione.
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