Un nuovo studio ha rivelato come il virus dell’immunodeficienza umana (HIV) si lega alle cellule T, aprendo la strada a nuove terapie per combattere questa malattia. L’HIV è un problema di salute pubblica globale, con 40,4 milioni di morti causate dalla malattia sin dalla sua comparsa nel XX secolo. Non esiste ancora una cura o un vaccino per l’infezione, ma la terapia antiretrovirale (ART) può aiutare a sopprimere il virus a livelli indetectabili nelle persone che vivono con l’HIV. Tuttavia, l’efficacia dei farmaci può diminuire nel tempo e quindi è necessario continuare a cercare nuove conoscenze per trattare o prevenire la malattia.
Gli scienziati da tempo sanno che l’HIV infetta un ospite legandosi a un recettore chiamato CD4 sulla superficie delle cellule. In questo nuovo studio, i ricercatori hanno utilizzato una tecnica di imaging chiamata tomografia elettronica criogenica (cryo-ET) per visualizzare l’interazione tra l’HIV-1, il tipo più comune di HIV, e particelle simili a virus (VLP) che portano recettori CD4. Questo ha permesso di simulare l’interazione tra l’HIV e le cellule T nella natura. È la prima volta che questa interazione graduale tra le proteine dell’HIV-1 e le membrane dei VLP viene visualizzata.
Lo studio ha mostrato le prime fasi di come inizia l’infezione da HIV e i passaggi di come il virus si lega ai recettori e fonde le membrane con le cellule T. I ricercatori hanno utilizzato il virus della leucemia murina (MLV) per produrre i VLP con recettori CD4 e hanno osservato come l’HIV-1 e i VLP si raggruppavano in piccoli ammassi che formavano anelli. L’HIV-1 si legava a un CD4 quando le membrane erano più distanti, ma man mano che si avvicinavano, si legava a un secondo e poi a un terzo CD4. Questi tre passaggi intermedi rappresentano il modo in cui l’HIV si lega naturalmente al CD4 sulle cellule T.
Gli studi precedenti avevano modellato questo processo, ma non si sapeva se i modelli corrispondessero a ciò che accade nella natura. Questo studio ha dimostrato che i modelli sono corretti. Si spera che mirando a queste conformazioni intermedie dell’HIV, nuove terapie possano aiutare a prevenire le infezioni da HIV senza interferire con altre molecole benefiche per le cellule.
Il team di ricerca spera di esaminare in modo più dettagliato la fusione delle membrane e le fasi successive dell’infezione in futuri studi. Inoltre, la tecnica utilizzata potrebbe essere applicata anche alle infezioni da COVID-19, offrendo nuove possibilità per combattere anche questo virus.
Lo studio è stato pubblicato su Nature.
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