Il ruolo del microbioma intestinale nello sviluppo dell’Alzheimer

illustrazione dei batteri intestinali umani, rappresentazioni multicolori di batteri a forma di bacillo

Gli scienziati stanno ancora indagando sui ruoli che i batteri intestinali svolgono sulla nostra salute, ma con questo nuovo studio, il legame con la malattia di Alzheimer sembra chiaro. (Donny Bliss, NIH via Flickr (CC BY 2.0))

Uno studio condotto da un team internazionale di scienziati ha rivelato che il trapianto dei microbi intestinali di persone affette da malattia di Alzheimer in topi sani può causare lo sviluppo dei sintomi della malattia negli animali. Questa scoperta potrebbe aprire nuove strade per il trattamento dell’Alzheimer e conferma l’importante ruolo svolto dal microbioma intestinale nella malattia. La ricerca è stata guidata dalla Professoressa Yvonne Nolan del centro di ricerca APC Microbiome Ireland presso l’University College Cork.

Attualmente, la diagnosi dell’Alzheimer avviene solitamente al momento o dopo l’insorgenza dei sintomi cognitivi, che potrebbero essere troppo tardi per gli attuali approcci terapeutici. Comprendere il ruolo dei microbi intestinali durante la fase iniziale della demenza potrebbe aprire nuove possibilità per lo sviluppo di terapie innovative o interventi personalizzati, ha spiegato la Professoressa Nolan.

Nello studio, sono stati reclutati 69 pazienti con malattia di Alzheimer e 64 soggetti di controllo. Sono stati raccolti campioni di sangue e feci da entrambi i gruppi. I campioni di feci sono stati preparati per una procedura chiamata trapianto di microbiota fecale (FMT), che consiste nel trasferire i microbi intestinali da una persona all’altra. In questo caso, i destinatari fortunati erano giovani ratti maschi adulti, selezionati per eliminare gli effetti dell’invecchiamento naturale. Prima del trapianto, i ratti sono stati trattati con antibiotici per eliminare il proprio microbiota intestinale. Dieci giorni dopo il trapianto, i ratti sono stati sottoposti a una serie di test comportamentali. Successivamente, sono stati raccolti campioni di tessuti intestinali, tessuti cerebrali, sangue e feci per l’analisi.

I risultati dello studio sono stati chiari. I pazienti umani affetti da Alzheimer presentavano livelli più elevati di batteri che promuovono l’infiammazione nei campioni di feci, correlati al grado di compromissione cognitiva. Trasferire questi microbi intestinali nei ratti ha portato allo sviluppo di sintomi associati alla demenza. Uno dei principali processi cellulari evidenziati dagli autori è stata la neurogenesi dell’ippocampo adulto, ovvero la formazione di nuovi neuroni nell’ippocampo, una regione del cervello fondamentale per l’apprendimento e la memoria. I test di memoria condotti sugli animali hanno dimostrato che quelli con i batteri intestinali dei pazienti con Alzheimer producevano meno nuove cellule nervose e avevano una memoria compromessa.

Il team ha anche confermato i risultati dello studio utilizzando colture cellulari umane, dimostrando che il siero dei pazienti con Alzheimer comprometteva la crescita e il funzionamento di queste cellule.

Il microbioma intestinale è stato oggetto di grande attenzione negli ultimi anni ed è stato implicato in molti aspetti della salute umana, tra cui l’Alzheimer. Questa forma di demenza, che potrebbe colpire una persona su tre nata oggi se le tendenze attuali continuano, richiede una migliore comprensione e nuovi approcci terapeutici. Questo studio rappresenta un importante passo avanti nella comprensione della malattia, confermando che la composizione del microbiota intestinale svolge un ruolo causale nello sviluppo dell’Alzheimer, ha affermato il Professor Sandrine Thuret, uno degli autori senior dello studio e neuroscienziato presso il King’s College di Londra. La ricerca ha gettato le basi per future ricerche in questo campo e potrebbe portare a progressi nelle terapie. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Brain.

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