Un recente studio mette in discussione le teorie consolidate sulla formazione dei pianeti, rivelando discrepanze nella composizione dei gas tra un esopianeta in fase di sviluppo e il suo disco circostante. Questa ricerca, basata sull’analisi del sistema PDS 70, suggerisce che i pianeti potrebbero incorporare non solo gas dai loro dischi natali, ma anche materiali solidi in misura significativa.
I nuovi orizzonti della formazione planetaria
Per lungo tempo, molti scienziati hanno creduto che i pianeti in formazione assomiglino strettamente ai turbolenti dischi di gas e polvere da cui prendono vita, in un modo simile a quanto avviene tra genitori e figli. Tuttavia, uno studio condotto da astrofisici dell’Università Northwestern ha sollevato dubbi su questa stretta somiglianza. Esaminando un esopianeta ancora in fase di sviluppo e il suo disco natale circostante, i ricercatori hanno rilevato una sorprendente differenza nella composizione dei gas tra l’atmosfera del pianeta e il suo disco di origine.
Una visione più articolata della formazione planetaria
Questo inaspettato risultato mette in discussione l’attendibilità dei modelli semplificati comunemente utilizzati per spiegare la genesi dei pianeti. Il lavoro, pubblicato su The Astrophysical Journal Letters il 18 dicembre, rappresenta il primo confronto diretto tra i dati di un esopianeta, il suo disco natale e la stella ospite. Secondo Chih-Chun Dino Hsu dell’Università Northwestern, che ha guidato lo studio, l’immagine tradizionale della formazione dei pianeti potrebbe essere stata troppo semplificata. In base a questa visione, il rapporto tra i gas di carbonio e ossigeno nell’atmosfera di un pianeta dovrebbe corrispondere a quello presente nel suo disco natale, assumendo che il pianeta accumuli materiali attraverso i gas del disco. Tuttavia, i ricercatori hanno osservato un pianeta con un rapporto di carbonio e ossigeno notevolmente inferiore rispetto a quello del disco, confermando così i dubbi sulla complessità del processo di formazione planetaria.
Alla ricerca delle tracce della nascita planetaria
Ogni pianeta nasce da un disco natale, una struttura rotante composta da gas e polvere che circonda una giovane stella. Nel corso di milioni di anni, la forza di gravità agisce per aggregare gas e polvere in grumi che, successivamente, si evolvono in pianeti. Fino a poco tempo fa, osservare direttamente un disco natale per seguire la formazione di un pianeta era un’impresa impossibile, poiché la maggior parte degli esopianeti osservabili è troppo vecchia e i loro dischi natali sono già scomparsi. Tuttavia, PDS 70 rappresenta un’eccezione: un sistema che ospita due giovani esopianeti giganti gassosi simili a Giove, chiamati PDS 70b e PDS 70c. Questi pianeti, situati a soli 366 milioni di anni luce dalla Terra nella costellazione del Centauro, hanno un’età massima di 5 milioni di anni. Si tratta di un sistema unico in cui è possibile osservare sia i pianeti ancora in formazione che i materiali da cui si sono formati, come spiega Jason Wang. Gli studi precedenti hanno analizzato il disco di gas per comprendere la sua composizione, ma per la prima volta è stato possibile misurare la composizione del pianeta in formazione e confrontarla con quella del disco.
Analisi delle impronte planetarie
Per ottenere informazioni sulla composizione di PDS 70b, Hsu, Wang e il loro team hanno analizzato la luce emessa dal pianeta. Questa luce, chiamata spettro, agisce come un’impronta digitale, rivelando dettagli sulla composizione, il movimento, la temperatura e altre caratteristiche dell’oggetto. Ogni molecola o elemento produce un proprio spettro, consentendo ai ricercatori di identificare le specifiche componenti presenti nell’oggetto. Utilizzando tecnologie fotoniche sviluppate da Wang, il team ha potuto concentrarsi sulle caratteristiche deboli di questo giovane sistema planetario. Wang spiega che queste nuove tecnologie consentono di ottenere spettri dettagliati di oggetti deboli vicino a stelle molto luminose, una sfida data dalla presenza di un pianeta debole accanto a una stella brillante. Isolare la luce del pianeta per analizzare la sua atmosfera è un compito complesso, ma fondamentale per comprendere la formazione planetaria.
Risultati sorprendenti: discrepanze nel rapporto carbonio-ossigeno
Attraverso l’analisi degli spettri, i ricercatori hanno ottenuto informazioni su monossido di carbonio e acqua presenti in PDS 70b, calcolando il rapporto tra carbonio e ossigeno nell’atmosfera del pianeta. Il confronto con le misurazioni del disco ha rivelato una significativa differenza nel rapporto tra carbonio e ossigeno, come spiega Hsu. L’aspettativa iniziale era che il rapporto carbonio-ossigeno nel pianeta fosse simile a quello del disco, ma la realtà ha mostrato un valore molto più basso, mettendo in discussione le concezioni consolidate sulla formazione dei pianeti.
Ruolo dei materiali solidi nella formazione planetaria
Per spiegare questa discrepanza, Hsu e Wang ipotizzano due scenari possibili. Il pianeta potrebbe essersi formato prima che il disco si arricchisse di carbonio, oppure potrebbe aver accumulato principalmente materiali solidi insieme ai gas. Anche se gli spettri analizzati riguardano solo i gas, una parte del carbonio e dell’ossigeno potrebbe derivare da solidi intrappolati nel ghiaccio e nella polvere. Wang spiega che se il pianeta ha preferenzialmente assorbito ghiaccio e polvere, questi materiali si sarebbero evaporati prima di entrare nel pianeta, suggerendo che i componenti solidi possono influenzare significativamente il rapporto tra carbonio e ossigeno.
Prossimi passi nella ricerca planetaria
Il team ha finora studiato solo PDS 70b, ma ha in programma di analizzare anche gli spettri dell’altro pianeta nel sistema PDS 70. Questo approccio permetterà di ottenere una visione più completa della formazione del sistema planetario, come sottolinea Hsu. Tuttavia, per comprendere appieno il processo di formazione dei pianeti, sarà necessario studiare più sistemi simili.
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