La mente e la ripetizione hanno un legame intrigante. Il déjà vu, ad esempio, ci fa sentire come se avessimo già vissuto una situazione, anche se è nuova, creando una sensazione spettrale di familiarità. Questo fenomeno, in realtà, ci offre uno sguardo sul funzionamento della nostra memoria. La nostra ricerca ha rivelato che il déjà vu si verifica quando la parte del cervello responsabile del riconoscimento della familiarità si disconnette dalla realtà. È come un segnale di allarme che indica un’anomalia nel sistema di memoria.
Ma la ripetizione può portare a qualcosa di ancora più strano e inquietante: il jamais vu. Questo fenomeno opposto al déjà vu si manifesta quando qualcosa di familiare ci appare improvvisamente sconosciuto o irreale. Ad esempio, i musicisti possono sperimentarlo momentaneamente perdendo il filo in una parte musicale ben nota. Può capitare anche di fronte a un volto familiare che all’improvviso sembra estraneo. È un’esperienza ancora più rara del déjà vu, ma altrettanto inquietante.
Nella nostra recente ricerca, premiata con un Ig Nobel per la letteratura, abbiamo approfondito il meccanismo dietro il jamais vu. Questo fenomeno potrebbe manifestarsi quando ci troviamo in un luogo familiare e lo percepiamo con occhi nuovi, generando una sensazione di straniamento. Le persone che hanno vissuto il jamais vu lo descrivono come un’esperienza in cui la realtà sembra sfuggire, come nel caso di chi continua a controllare una parola scritta correttamente, ma dubita della sua correttezza.
Il jamais vu può essere scatenato dalla ripetizione o dal fissare lo sguardo su qualcosa, ma non è sempre necessario. Akira, uno dei ricercatori, ha sperimentato questa sensazione guidando sull’autostrada, costringendolo a fermarsi sulla corsia d’emergenza per riacquistare il controllo. Fortunatamente, tali episodi sono rari nella vita di tutti i giorni.
Nonostante la sua complessità, il jamais vu è ancora poco compreso. Tuttavia, abbiamo ipotizzato che sarebbe stato possibile indurlo in laboratorio. Nei nostri esperimenti, abbiamo chiesto a studenti universitari di scrivere ripetutamente la stessa parola, osservando come la ripetizione portasse alla sensazione di jamais vu. I partecipanti spesso interrompevano l’attività quando la parola diventava priva di significato e confusa, manifestando sintomi coerenti con il jamais vu.
Questo lavoro scientifico, che ha richiesto anni di studio e ricerca, ha portato alla luce l’importanza del jamais vu come segnale di allarme che ci avverte quando la familiarità diventa eccessiva e automatica. Questo fenomeno ci aiuta a mantenere la flessibilità cognitiva, evitando di perdere troppo tempo in compiti ripetitivi.
Il nostro contributo unico è l’associazione tra la ripetizione e la sensazione di jamais vu, che potrebbe avere implicazioni significative nella comprensione di disturbi come l’OCD. Speriamo che il nostro lavoro ispiri ulteriori ricerche e approfondimenti su questo affascinante fenomeno in futuro.
Akira O’Connor, Professore Ordinario di Psicologia, Università di St Andrews e Christopher Moulin, Professore di neuropsicologia cognitiva, Université Grenoble Alpes (UGA)
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