Uno studio di lunga durata condotto dalla Johns Hopkins University negli Stati Uniti ha rivelato che alcune persone mostrano una maggiore perdita di tessuto cerebrale rispetto ad altre una volta raggiunta la mezza età. Questo studio, iniziato nel 1995 e durato decenni, ha evidenziato che coloro che manifestano maggiori perdite nella materia bianca del cervello hanno un rischio maggiore dell’86 percento di sviluppare un deterioramento cognitivo lieve (MCI).
Coloro con diabete di tipo 2 hanno mostrato una significativa perdita di materia bianca nel tempo, con un rischio del 41 percento maggiore di sviluppare MCI rispetto a coloro senza malattie metaboliche. Inoltre, le persone con biomarcatori di demenza nel liquido cerebrospinale hanno avuto un rischio quasi del 50 percento maggiore di deterioramento cognitivo. Se un individuo presentava sia il diabete che biomarcatori di placche di amiloide, il rischio saliva al 55 percento.
Questo studio ha evidenziato una relazione sinergica tra diabete e placche di amiloide per quanto riguarda il loro impatto sulla materia bianca del cervello. I risultati indicano che i cambiamenti nel volume della materia bianca sono strettamente associati alla funzione cognitiva nell’invecchiamento, suggerendo che la degenerazione della materia bianca possa giocare un ruolo cruciale nel declino cognitivo.
Il trial ha coinvolto 185 partecipanti, per lo più istruiti e di razza bianca, con una storia familiare di demenza. Gli scienziati hanno regolarmente eseguito scansioni cerebrali dei partecipanti per un massimo di 27 anni, monitorando le forme e le dimensioni del cervello in diversi momenti della loro vita. Alla fine dello studio, 60 partecipanti avevano sviluppato MCI, e 8 di loro avevano sviluppato demenza.
Il deterioramento più rapido della materia bianca, che inizia nella mezza età, è stato associato a una maggiore probabilità di sviluppare sintomi di MCI. Anche se solo otto partecipanti avevano diabete di tipo 2, i risultati suggeriscono che controllare il diabete potrebbe ridurre il rischio di demenza da Alzheimer in età avanzata come fattore di rischio modificabile.
Il medico Shohei Fujita, che ha commentato lo studio per la rivista Neurologia di JAMA, ha elogiato la durata del trial e ha sottolineato l’importanza di considerare il genere e la razza come variabili cruciali nei futuri studi longitudinali. Fujita spera che questi risultati possano aiutare a sviluppare interventi mirati per coloro più suscettibili ai cambiamenti cerebrali progressivi.
Il modo in cui ciascun cervello individuale si riduce con l’età è estremamente variabile, e il declino cognitivo e la demenza non colpiscono tutti allo stesso modo. Questo studio, pubblicato su JAMA Network, fornisce importanti spunti per comprendere meglio i meccanismi che influenzano il deterioramento cognitivo e la salute del cervello nell’invecchiamento.
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