L’Africa ospita una vasta gamma di animali carnivori, che vanno dai feroci felidi come leoni e ghepardi a creature più piccole come volpi e manguste. Tuttavia, molti di questi predatori sono tra gli animali più minacciati del continente, con particolare attenzione all’etiope lupo delle Highlands (Canis simensis).
Questo antico lupo africano, a prima vista, potrebbe essere scambiato per una volpe a causa del suo pelo rossastro con macchie bianche. Tuttavia, si tratta effettivamente di lupi, caratterizzati da una corporatura snella e zampe lunghe rispetto ai lupi grigi più comuni.
Animali sociali in tutti gli aspetti tranne che nella caccia, i branchi di lupi etiopi selvatici si trovano solo in sei popolazioni sparse in Etiopia, dove sono endemici e limitati alle regioni alpine sopra i 3.000 metri di altitudine. Questa distribuzione è principalmente legata alla loro dieta, basata sui topi talpa giganti.
Con reperti fossili che risalgono a almeno 1,6-1,4 milioni di anni fa, il lupo etiope è una delle specie africane più iconiche. Nonostante abbia affrontato sfide durante cambiamenti climatici passati, è riuscito a persistere nel tempo. Tuttavia, oggi è di nuovo a rischio.
Classificato come specie in pericolo nella Lista Rossa dell’IUCN, si stima che ci siano solo 454 lupi adulti in 99 branchi su un’area di 2.700 chilometri quadrati, con una popolazione in declino. Le principali minacce attuali sono legate all’attività umana, in particolare la diffusione di malattie dovuta alla domesticazione dei cani.
Le malattie virali trasmesse dai cani domestici rappresentano la minaccia più immediata per i lupi etiopi, con focolai di rabbia e distemper canino che hanno causato significative riduzioni delle popolazioni locali, ritardandone il recupero. Inoltre, l’espansione agricola ha ridotto l’habitat naturale dei lupi, con il 60% del territorio adatto già convertito per l’agricoltura.
Per garantire la sopravvivenza del lupo etiope, gli esperti sottolineano la necessità di una migliore protezione dell’habitat, una gestione attiva delle malattie, la promozione della coesistenza e, in ultima analisi, traslocazioni di conservazione per gestire le popolazioni isolate come una metapopolazione.
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