Al centro della nostra Via Lattea si trova un buco nero supermassiccio noto come Sagittarius A*, la cui massa è milioni di volte superiore a quella del Sole. Tuttavia, nonostante la sua imponente grandezza, Sagittarius A* non è nemmeno vicino ad essere uno dei buchi neri più grandi dell’universo. Con l’avvento di strumenti moderni come il telescopio James Webb, gli astronomi hanno iniziato a scoprire veri e propri titani cosmici.
La ricerca ha portato alla luce alcuni buchi neri incredibili, come Holm 15A, che pesa ben 44 miliardi di masse solari, e il buco nero della galassia Abell 1201, che raggiunge i 33 miliardi di masse solari. Tuttavia, il record attualmente spetta a Ton 618, un quasar distante 18 miliardi di anni luce, con una massa di circa 66 miliardi di volte quella del Sole. Gli scienziati credono che potrebbero esistere buchi neri ancora più massicci, in attesa di essere scoperti.
James Nightingale, cosmologo dell’Università di Newcastle, spiega che non esiste un limite teorico alla dimensione dei buchi neri al centro delle galassie. Questi oggetti possono crescere indefinitamente nutrendosi della materia circostante. Quando un buco nero si alimenta, si forma attorno a esso un disco luminoso di materia, e in molti casi emette getti di particelle.
Tuttavia, gli astronomi non possono spiegare completamente la presenza di buchi neri ultramassicci esclusivamente attraverso il meccanismo di accumulo di massa. L’universo ha circa 13,8 miliardi di anni, un intervallo di tempo che, secondo gli attuali modelli di crescita, non è sufficiente perché un buco nero possa aumentare di dimensioni fino a raggiungere miliardi di masse solari.
Secondo le stime, un buco nero che avesse iniziato a nutrirsi poco dopo il Big Bang potrebbe raggiungere al massimo 270 miliardi di masse solari, ma questo richiede una crescita non costante, lasciando aperta la questione di come alcuni buchi neri siano diventati così enormi.
Una delle teorie suggerisce che, nei primi stadi dell’universo, più buchi neri potrebbero essersi trovati in prossimità l’uno dell’altro, fondendosi per formare colossi cosmici. Un’altra possibilità è che durante quel periodo si siano scontrati con enormi nubi di gas, aumentando la loro massa.
Inoltre, si ipotizza che alcuni buchi neri ultramassicci possano essersi formati dalla morte delle stelle di Popolazione III, gigantesche stelle composte principalmente da idrogeno ed elio, con masse tra 100 e 1.000 volte quella del Sole. Queste stelle, dopo esplosioni catastrofiche in supernova, avrebbero potuto collassare in buchi neri di grandi dimensioni, rilasciando al contempo elementi pesanti che avrebbero formato stelle più piccole.
Per testare queste ipotesi, gli astronomi stanno utilizzando il telescopio James Webb per osservare galassie formatesi nei primi 600 milioni di anni dopo il Big Bang, molte delle quali ospitano enormi buchi neri in una fase primordiale dell’universo. Le osservazioni hanno mostrato che alcuni di questi buchi neri sono proporzionali alle loro galassie, suggerendo che potrebbero essersi formati all’inizio dell’universo. Questi oggetti sono fino a centinaia di volte più grandi di quanto ci si aspettasse, sfidando i modelli teorici esistenti riguardanti la loro crescita.
Gli scienziati ritengono che la rapida crescita di questi buchi neri sia strettamente legata alla formazione delle loro galassie. Comprendere come siano diventati così massicci nei primi giorni dell’universo potrebbe fornire risposte a molte altre domande aperte nella cosmologia.
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