E se giocare ai videogiochi non fosse un’attività esclusivamente nociva? Ha cercato di capirlo uno studio dell’Università del Vermont condotta su 2.078 bambini americani tra ottobre 2019 e ottobre 2020 e pubblicato sulla rivista JAMA Network Open. Contrariamente a quanto ci si aspettava, i bambini che superavano le tre ore di gioco ai videogames al giorno hanno ottenuto punteggi migliori nei test cognitivi e di memoria rispetto ai loro coetanei non abituati al gioco dei videogiochi.
“Numerosi studi hanno collegato i videogiochi al comportamento e ai problemi di salute mentale. Questo studio suggerisce che potrebbero esserci anche benefici cognitivi associati a questo passatempo popolare, che meritano di essere approfonditi”, afferma la dottoressa Nora Volkow, direttrice del National Institute on Drug Abuse (NIDA), finanziatore dello studio.
I ricercatori hanno diviso i bambini in due gruppi: il primo, composto da 800 unità solite giocare ai videogames anche per più di tre ore al giorno; il secondo, di 1.278 unità che non hanno mai praticato tale attività. Per registrare l’attività cerebrale, ad ogni bambino è stata effettuata una risonanza magnetica durante la quale sono stati eseguiti due test attraverso l’uso di occhiali digitali (simili a un visore VR).
Il primo test consisteva nell’osservare delle frecce e nel premere un pulsante ogni volta che ne individuavano l’orientamento a destra o a sinistra, mentre gli era stato detto di non premere nulla alla comparsa della freccia rivolta verso l’alto. È emerso che i tempi di risposta fossero notevolmente più veloci tra i bambini del gruppo giocatori rispetto a quelli del gruppo non giocatori. Il secondo test prevedeva invece di memorizzare un’immagine e di premere il pulsante ogniqualvolta la vedessero comparire in un mazzo di carte fatto scorrere velocemente davanti i loro occhi. Il risultato ha confermato quanto emerso dal primo test: i bambini che usano giocare ai videogiochi mostravano un’attività più intensa nella regione precuneus del cervello, ossia quella associata all’attenzione e alla memoria.
Tuttavia, lo studio non ha potuto dimostrare se questi bambini presentassero un’intelligenza maggiore unicamente a causa dei videogiochi e non dall’accostamento di ulteriori fattori. Come ha dichiarato lo stesso dottor Bader Chaarani, lo psichiatra dell’Università del Vermont che ha guidato le ricerche, “anche se non possiamo dire se giocare regolarmente ai videogiochi abbia causato prestazioni neuro-cognitive superiori, è una scoperta incoraggiante e dobbiamo continuare a indagare su questi bambini mentre passano all’adolescenza e all’età adulta”, motivando lo studio con il fatto che “poiché questi giochi continuano a proliferare tra i giovani, è fondamentale comprendere meglio sia l’impatto positivo che negativo che tali giochi possono avere”.