L’accumulo di argento nelle profondità del fondale marino costiero risale al XIX secolo e secondo i ricercatori è legato a una serie di fattori, tra cui monsoni intensi, vita microscopica e cambiamenti climatici.
Recentemente, uno studio condotto da scienziati dell’Università di Tecnologia di Hefei e dell’Università Oceanica di Guangdong in Cina ha analizzato un nucleo sedimentario che copre 3.200 anni di storia geologica. Il campione è stato prelevato dal fondale marino al largo della costa del Vietnam nel Mar Cinese Meridionale, a una profondità di 1.878 metri.
Questa zona marina è caratterizzata da risalite, dove le acque superficiali spostate dal vento vengono continuamente mescolate con acqua fredda e ricca di nutrienti proveniente dalle profondità marine. Le risalite, essendo regioni dinamiche del mare, sono estremamente sensibili ai cambiamenti ambientali e possono offrire preziose informazioni sui mutamenti globali.
Lo studio ha rivelato un netto aumento dei livelli di argento nel fondale marino a partire dal 1850, coincidendo con l’era della Rivoluzione Industriale e l’incremento dei livelli di anidride carbonica nell’atmosfera. I ricercatori ipotizzano che questo aumento sia correlato al riscaldamento globale di origine antropica.
Sebbene processi naturali come erosione delle rocce contenenti argento possano contribuire alla dispersione del metallo nell’ambiente, la maggior parte dell’argento rilasciato proviene dall’attività industriale, in particolare dalla produzione di apparecchi fotografici.
Secondo gli studiosi, il cambiamento climatico, in particolare l’intensificazione del monsone estivo dell’Asia Orientale e l’aumento delle temperature, gioca un ruolo chiave nell’accumulo di argento nel fondale marino. Le precipitazioni abbondanti e i venti più forti favoriscono la risalita di nutrienti in superficie, sostenendo la produttività marina.
Questi nutrienti alimentano la crescita di organismi marini, come il fitoplancton, che assorbono l’argento e altri metalli in traccia. Alla morte di questi organismi, i loro resti vengono sepolti nei sedimenti marini, trascinando con sé l’argento.
Anche se lo studio si è concentrato su una specifica area del Mar Cinese Meridionale, i risultati potrebbero essere applicabili ad altre zone di risalita lungo le principali coste del mondo. L’interesse per l’estrazione di minerali dal fondale marino è in costante crescita, considerando la presenza di rame, argento, piombo, oro e altri metalli grezzi essenziali per la produzione di batterie.
Tuttavia, l’estrazione di tali risorse potrebbe avere conseguenze disastrose sull’ambiente marino. Le corporation sono sempre più interessate a sfruttare queste risorse, nonostante i potenziali impatti negativi. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Geophysical Research Letters.
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