Edgar Allan Poe fu il primo a proporre una soluzione al paradosso di Olber, che si interroga sul motivo per cui il cielo è buio di notte. La risposta a questa domanda risiede nel concetto che il nostro universo ha dei limiti, almeno temporalmente. Gli astronomi, da allora, hanno cercato di rispondere non solo al perché sia buio, ma anche a quanto sia buio il cielo notturno. Recenti misurazioni potrebbero aver fornito la migliore stima finora ottenuta in merito a questo enigma.
Lo strumento che ha reso possibile questo exploit è a bordo della sonda spaziale New Horizons della NASA, la quale ha effettuato un sorvolo su Plutone nove anni fa. La sonda si trova così lontano dal Sistema Solare interno e dalla sua polvere zodiacale che può effettuare una misurazione più precisa dello sfondo ottico cosmico (COB), ovvero la luce combinata di tutte le fonti luminose visibili nell’universo.
“Se mettessi la mano nello spazio profondo, quanto luce riceveresti dall’universo?” ha chiesto Marc Postman, autore principale dello studio e membro dell’Istituto di Scienze del Telescopio Spaziale. “Ora abbiamo una chiara comprensione di quanto sia effettivamente buio lo spazio. I risultati indicano che la maggior parte della luce visibile che percepiamo proviene dalle galassie. Inoltre, non sono emerse prove di livelli significativi di luce provenienti da fonti sconosciute agli astronomi.”
Le collisioni di asteroidi e comete hanno disperso polvere nel Sistema Solare interno, e la luce solare riflessa da questa polvere ha contribuito a inquinare la misurazione del COB. Diverse metodologie sono state impiegate per misurare questo fenomeno, ma farlo dall’interno del Sistema Solare risulta complesso. New Horizons si trova a una distanza di 7,3 miliardi di chilometri dalla Terra, dove la presenza di polvere non costituisce un problema.
Tod Lauer, co-autore dello studio e co-investigatore di New Horizons, ha aggiunto: “Le precedenti misurazioni della forza del COB dall’interno del sistema solare sono affette da notevoli incertezze. Le nuove tecniche impiegate per stimare la polvere non nel Sistema Solare, ma nella Via Lattea, hanno permesso di evitare che la luce stellare diffusa dalla nostra galassia venisse erroneamente inclusa nel totale del COB.”
Lauer ha sottolineato: “I risultati indicano chiaramente che la luce visibile proviene principalmente dalle galassie, senza la presenza di fonti inaspettate. Questo lavoro rappresenta un contributo significativo alla cosmologia fondamentale, reso possibile solo grazie a un’astronave distante come New Horizons.”
Alan Stern, investigatore principale di New Horizons, ha commentato: “Questo studio dimostra che la nostra missione estesa sta fornendo importanti contributi scientifici al di là degli obiettivi iniziali, che prevedevano l’esplorazione ravvicinata di Plutone e degli oggetti della Fascia di Kuiper.”
Il lavoro mette in discussione una stima precedente riguardante il numero di galassie nell’universo visibile, che era stata indicata intorno ai 2 trilioni, dieci volte superiore alla stima precedente di 200 miliardi. Tuttavia, i dati raccolti da New Horizons non hanno supportato questa affermazione. Il nuovo studio è in linea con i dati del 2021 e presenta un’incertezza ancora più ridotta. I risultati della ricerca sono stati pubblicati su The Astrophysical Journal.
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