Il mistero della cablatura cerebrale: geni vs esperienza

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L’esperienza potrebbe non essere così importante come pensavamo nel plasmare il cervello. (grasycho/Shutterstock.com)

Nella vastità della savana, una gazzella vede la luce per la prima volta. Dopo una leccata affettuosa da parte della madre e qualche incerto passo barcollante, è pronta a correre libero. Allo stesso modo, su una spiaggia sabbiosa, una piccola tartaruga si schiude dal guscio. Insieme ai suoi fratelli, rimane nascosta sotto la sabbia fino a quando, all’improvviso, emergono in gruppo e si dirigono verso il mare con determinazione.

Ti sei mai chiesto come gli animali siano in grado di compiere gesta straordinarie sin dalla nascita? La chiave risiede nella corretta cablatura del cervello. Un cervello umano è composto da circa 86 miliardi di neuroni, ognuno interconnesso attraverso migliaia di sinapsi con altri neuroni. Alcune connessioni sono vicine, mentre altre richiedono un percorso più lungo, anche fino a un metro. Il modo in cui queste connessioni si formano è stato oggetto di dibattito per decenni: quanto è determinato dal patrimonio genetico e quanto dall’esperienza?

Fino ad oggi, si era giunti a una conclusione intermedia, riconoscendo l’importanza di entrambi gli elementi. Tuttavia, uno studio recente ha preso una posizione decisa. Non solo l’esperienza (attraverso i sensi, i movimenti, ecc.) non è essenziale, ma addirittura l’attività neurale – i segnali elettrici che permettono ai neuroni di comunicare – non è indispensabile per lo sviluppo. Il cervello è pre-cablato e pronto all’azione basandosi esclusivamente sui geni.

Questo studio ha adottato un approccio radicalmente innovativo per esplorare se l’attività neurale fosse necessaria durante lo sviluppo. Per eliminare completamente tale attività, i ricercatori hanno utilizzato un farmaco chiamato tricina, in grado di bloccare l’attività elettrica dei neuroni. È stato un compito arduo, poiché dovevano garantire che i pesci non sviluppassero sensibilità al farmaco e che questo non si degradasse in composti tossici alla luce, costringendoli a mantenere i pesci al buio.

Dopo vari cicli di test, i ricercatori hanno avuto successo nel loro esperimento. Sebbene il farmaco possa essere letale negli adulti, i pesci larvali sono sopravvissuti, grazie alla loro capacità di respirare attraverso la pelle e nutrirsi dal sacco vitellino. Questo ha dimostrato che non è necessario un cervello per la crescita.

Per valutare l’effetto del silenziamento neurale, i pesci sono stati sottoposti a test di risposta optomotoria (OMR), un comportamento in cui i pesci zebra si orientano alla velocità e alla direzione del movimento visivo a campo intero. Questo comportamento è strettamente legato a processi di apprendimento, memoria e decisione.

Dopo tre giorni di esposizione alla tricina, i pesci zebra larvali si sono risvegliati dalla loro inattività indotta dal farmaco, con un circuito neurale intatto pronto a eseguire l’OMR. La mancanza di attività neurale non ha avuto alcun impatto, poiché il cervello del pesce possedeva già tutto ciò di cui aveva bisogno nel suo patrimonio genetico.

Il processo di connessione e assemblaggio iniziale di un connettoma avviene in tre fasi distinte. La prima fase riguarda la differenziazione e la posizionamento dei soma neuronali. La seconda fase è caratterizzata dalla crescita dell’assone, guidata da gradienti morfogenetici e controllata geneticamente. Infine, la terza fase consiste nel riconoscimento cellula-cellula, ovvero nell’individuare i partner sinaptici.

Secondo il dottor Engert, la maggior parte, se non tutti, i comportamenti critici degli animali sono presenti fin dall’inizio, quando l’animale entra in contatto con il mondo esterno. Conoscenza, competenza, abilità, esperienza e potere cognitivo sono tutti innati nel patrimonio genetico degli animali. Tuttavia, ciò non significa che tutto sia preimpostato in modo deterministico.

Dopo la nascita, è necessario continuamente ricalibrare il sistema poiché il corpo è in costante crescita e cambiamento. Questo processo di calibrazione è evidente osservando un neonato cavallo che barcolla nei primi minuti di vita, mentre cerca di adattarsi al suo ambiente in evoluzione. Gli esseri umani, come le scimmie e altri animali, nascono essenzialmente prematuramente, ma ciò non implica che l’esperienza post-natale sia fondamentale per lo sviluppo precoce.

Tuttavia, gli esseri umani richiedono una maggiore esperienza per plasmare il cervello, specialmente considerando l’importanza del linguaggio nei comportamenti sociali e cognitivi umani. Questo solleva interessanti questioni sul grado di cablaggio cerebrale presente alla nascita e sul ruolo dell’esperienza nell’evoluzione del cervello umano.

La ricerca sull’intelligenza artificiale e sulle neuroscienze computazionali ha evidenziato come modelli debolmente strutturati possano apprendere a eseguire compiti complessi. A differenza della maggior parte delle reti neurali artificiali, gran parte del cablaggio funzionale del cervello umano è stabilito senza bisogno di apprendimento.

Lo studio descritto è stato pubblicato sulla rivista Nature Communications, gettando nuova luce sulle complesse dinamiche dello sviluppo cerebrale e sull’importanza del patrimonio genetico nell’assemblaggio e nel funzionamento del cervello.

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