La scoperta dell’armadillo gigante: una nuova prospettiva sull’antica presenza umana nelle Americhe

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Il videogioco indispensabile del 21000 a.C.: Simulatore di macellazione di armadilli. (Damián Voglino, Museo de Ciencias Naturales A. Scasso (Colegio Don Bosco), San Nicolás de los Arroyos, Provincia de Buenos Aires (CC-BY 4.0))

I resti smembrati di un gigantesco armadillo, risalenti a circa 21.000 anni fa, sono stati scoperti lungo le rive del fiume Reconquista, a nord-est della regione pampeana in Argentina. Questi resti appartenevano a una specie di gliptodonte chiamata Neosclerocalyptus, un parente estinto degli armadilli che poteva crescere fino a 2 metri di lunghezza. Gli archeologi dell’Università Nazionale di La Plata hanno individuato segni di tagli intorno al bacino, alla coda e alla corazza corporea, causati dal taglio e dall’asportazione con utensili di pietra.

Le Americhe erano un tempo abitate da una ricca megafauna, tra cui giganteschi bradipi terrestri e una forma enormemente grande di lama. Numerose prove suggeriscono che gli esseri umani preistorici cacciassero queste bestie giganti, sollevando l’idea che la sovra-caccia fosse responsabile della loro estinzione. La datazione dei resti di Neosclerocalyptus tra 21.090 e 20.811 anni fa è particolarmente significativa, poiché conferma che gli esseri umani erano presenti nelle Americhe ben prima di quanto si pensasse inizialmente.

Le stime conservative indicano che il primo popolamento umano delle Americhe sia iniziato almeno 16.000 anni fa, ma recenti scoperte, come le impronte umane nel Nuovo Messico risalenti a un periodo compreso tra 23.000 e 21.000 anni fa, suggeriscono un’occupazione umana ancora più antica. La recente scoperta dell’armadillo macellato conferma che i primi esseri umani sono arrivati nelle Americhe molto prima di quanto si pensasse inizialmente.

Disegno di uno scheletro di Neosclerocalyptus evidenziando gli elementi scheletrici segnati in azzurro chiaro trovati sul campione.
Disegno di un
Del Papa et al., 2024, PLOS ONE (CC-BY 4.0)

Il consenso attuale tra gli studiosi è che gli esseri umani abbiano migrato dalle Americhe settentrionali, attraverso la Beringia, un ponte terrestre che esisteva durante l’ultima era glaciale. Questo ha permesso loro di spostarsi gradualmente verso sud nel corso dei millenni, stabilendosi infine nel sud del Sud America a migliaia di chilometri di distanza dalla Beringia.

Gli archeologi e gli antropologi stanno ancora cercando di ricostruire questa epica storia, e la recente scoperta del macellamento lungo il fiume Reconquista sicuramente contribuirà al dibattito. Miguel Delgado, l’autore corrispondente dello studio pubblicato sulla rivista PLOS ONE, ha dichiarato che le prove raccolte mettono in discussione il periodo di tempo tradizionalmente accettato per il primo popolamento umano delle Americhe, aprendo nuove prospettive sulla presenza umana nel continente.

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