Il COVID-19, inizialmente associato a sintomi lievi come tosse e perdita dell’olfatto, ha rivelato nel corso del tempo una forma persistente chiamata Long COVID, caratterizzata da oltre 200 sintomi che possono persistere per mesi o addirittura anni dopo la guarigione apparente. A distanza di quattro anni dall’inizio della pandemia, la comunità scientifica sta cercando di comprendere le cause di questa condizione prolungata.
Uno studio condotto su 24 pazienti Covid ha evidenziato un possibile fattore finora trascurato: le cellule T, importanti componenti del sistema immunitario. Questo studio, avviato nel 2020, si è concentrato sull’analisi del comportamento delle cellule T nel corpo attraverso scansioni PET, ispirandosi alla ricerca sull’HIV, malattia nota per il suo impatto sulle cellule T.
Le analisi hanno rivelato che le cellule T attivate persistono nel corpo dei pazienti affetti da Long Covid, con un indirizzamento specifico verso organi come i polmoni e l’intestino. Inoltre, è emersa la presenza di RNA del COVID-19 in queste aree, suggerendo la persistenza del virus nel tempo.
Sebbene non sia ancora chiaro se le cellule T reagiscano a residui di infezioni passate o a particelle attive del virus, i risultati dello studio sono promettenti. Questa scoperta potrebbe spiegare i sintomi persistenti del Long Covid e aprire la strada a nuove terapie mirate.
Il professor Danny Altmann, esperto di immunologia, ha sottolineato l’importanza di questo studio nel progresso della comprensione del Long Covid e nell’individuazione di possibili trattamenti. In un momento in cui la ricerca clinica è fondamentale, studi come questo rappresentano un passo significativo verso la cura di milioni di pazienti affetti da questa condizione debilitante.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Science Translational Medicine, confermando l’interesse e l’urgenza nel comprendere e affrontare il Long Covid.
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