Il buco dell’ozono sopra l’Antartide si espande e si chiude ogni anno, con una tempistica che gli scienziati riescono a prevedere approssimativamente. Tuttavia, negli ultimi anni, la sua comparsa si è protratta sempre più tardi nel corso dell’anno, sollevando preoccupazioni per la fauna selvatica del continente antartico.
In passato, il buco dell’ozono sopra l’Antartide raggiungeva il picco tra settembre e ottobre, quando gli abitanti del continente tendevano ad essere meno attivi. Questo consentiva alla situazione di risolversi prima dell’inizio dell’estate antartica, quando il ghiaccio e la neve si scioglievano e gli animali dormienti emergevano.
Tuttavia, negli ultimi quattro anni, il buco dell’ozono è persistito fino a dicembre, prolungandosi ben oltre il periodo tradizionale. Il buco dell’ozono dell’anno scorso è stato uno dei più grandi mai registrati, sollevando preoccupazioni per la fauna selvatica sottostante.
Il problema principale legato alla deplezione dell’ozono è l’esposizione alla radiazione ultravioletta (UV). Con il persistere del buco dell’ozono fino a dicembre, la radiazione UV diventa particolarmente intensa, poiché il sole è molto più alto nel cielo nell’emisfero meridionale in quel periodo.
Secondo la Professoressa Sharon Robinson, autrice dello studio, a dicembre l’Antartide registra un indice UV di 14, rispetto ai livelli pre-buco dell’ozono di 6. Questo indice UV estremo è paragonabile a quello sperimentato durante l’estate a Sydney o San Diego.
Il risveglio della fauna selvatica sottostante coincide con questo aumento della radiazione UV, esponendo gli animali e le piante dell’Antartide a più del doppio della radiazione UV rispetto agli anni ’70. Questo aumento dell’esposizione potrebbe comportare rischi simili a quelli che gli esseri umani affrontano senza protezione solare adeguata.
Sebbene gli effetti precisi della radiazione UV sugli animali selvatici dell’Antartide non siano ancora chiari, gli autori dello studio evidenziano diversi modi in cui il persistente buco dell’ozono potrebbe influenzare la fauna, in particolare durante il periodo di riproduzione di specie come i pinguini e le foche.
Il raddoppio della radiazione UV da metà ottobre a inizio dicembre potrebbe essere dannoso, soprattutto per i giovani animali. Il riflesso della radiazione dalla superficie del ghiaccio marino aumenterebbe ulteriormente l’esposizione UV per gli animali che si riproducono sul ghiaccio.
La prolungata esposizione alla radiazione UV potrebbe comportare la necessità per gli organismi di adattarsi producendo una sorta di “crema solare” naturale, consumando energia preziosa nel processo. Questo potrebbe limitare le attività che gli animali e le piante potrebbero svolgere altrimenti.
Nonostante alcuni organismi possano avere difese naturali contro i danni da UV, come i pigmenti presenti negli occhi dei pinguini, gli autori sottolineano che la persistenza del buco dell’ozono non va considerata isolata. È fondamentale agire sul cambiamento climatico per proteggere l’Antartide, riducendo le emissioni di carbonio per preservare il ghiaccio marino e non mettere ulteriore pressione sulla ripresa dello strato di ozono.
La Professoressa Robinson conclude che agire rapidamente sul cambiamento climatico non solo aiuterebbe a preservare l’Antartide, ma anche a proteggere la fauna selvatica che vi abita. Il suo studio è stato pubblicato su Global Change Biology.
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