È passato un triennio da quando sono emerse le prove che la quasi-luna conosciuta come Kamo’oalewa è in realtà un frammento della Luna terrestre. Questa scoperta ha aperto nuove prospettive sulla conoscenza delle quasi-lune, un campo di studio ancora relativamente giovane. Inoltre, questa scoperta è un tributo a uno scienziato che credeva nella pluralità dei mondi.
In passato, il Sistema Solare interno era considerato un luogo piuttosto solitario, con solo tre lune tra quattro pianeti e pochi asteroidi con orbite più vicine alla fascia principale. Tuttavia, la ricerca di oggetti potenzialmente pericolosi per la Terra ha portato alla scoperta delle quasi-lune, che orbitano attorno al Sole sulla stessa linea temporale dei pianeti, rimanendo vicine per lunghi periodi prima di assumere orbite a forma di ferro di cavallo.
La prima quasi-luna scoperta attorno a Venere, chiamata Zoozve, ha attirato l’attenzione per il suo particolare nome. Successivamente, è emerso che anche la Terra possiede alcune quasi-lune, tutte di dimensioni ridotte, alcune delle quali paragonabili a elefanti. La più grande di queste quasi-lune è Kamo’oalewa, lunga circa due balene blu, ovvero circa 60 metri o 200 piedi.
Pur non essendo una vera e propria seconda Luna, Kamo’oalewa si avvicina maggiormente alla Luna rispetto agli asteroidi, meritando forse il titolo di quasi-satellite. Dopo cinque anni dalla sua scoperta, è emerso che lo spettro di Kamo’oalewa assomiglia a quello di alcune rocce lunari, ma non corrisponde a nessun asteroide conosciuto.
Recenti modellazioni hanno suggerito che Kamo’oalewa potrebbe essere stata espulsa dalla Luna a seguito di un impatto di asteroide, ipotesi supportata dalla sua orbita stabile e dalla velocità inferiore rispetto al sistema Terra-Luna. Tuttavia, individuare il cratere lunare da cui proviene Kamo’oalewa rappresenta una sfida, sebbene un nuovo studio abbia avanzato delle ipotesi in merito.
Secondo gli autori dello studio, il cratere da cui è stata espulsa Kamo’oalewa dovrebbe avere un diametro di almeno 10-20 chilometri e probabilmente è relativamente giovane. Il cratere Giordano Bruno è stato identificato come il candidato più probabile, poiché ha un diametro di 22 chilometri e si stima abbia tra 1 e 10 milioni di anni.
Il confronto dello spettro di Kamo’oalewa con campioni lunari raccolti da missioni spaziali come Apollo 14 e Luna 24, oltre a meteoriti provenienti dalla Luna, ha rafforzato l’ipotesi che provenga dalla Luna stessa. Tuttavia, ulteriori analisi dettagliate, magari tramite un atterraggio sulla quasi-luna, potrebbero confermare questa corrispondenza.
Il cratere Giordano Bruno ha attirato l’attenzione degli studiosi per via della sua presunta giovinezza e delle sue caratteristiche distintive, come le ripide pareti e i raggi circostanti. Se le ipotesi degli autori sono corrette, potrebbero esserci altri oggetti simili espulsi dall’impatto che ha creato il cratere, rappresentando un’opportunità unica per lo studio di questi corpi celesti di dimensioni ridotte.
La missione pianificata Tianwen-2 su Kamo’oalewa potrebbe fornire importanti informazioni sulla formazione e l’evoluzione dei corpi celesti sulla Luna e al di fuori di essa. Non avendo campioni diretti del cratere Giordano Bruno, la datazione precisa del cratere rimane un punto interrogativo, sebbene le sue caratteristiche suggeriscano una formazione relativamente recente.
Il cratere Giordano Bruno prende il nome dal filosofo condannato per eresia, il cui lavoro sulla pluralità dei mondi ha ispirato il nome del cratere. Tuttavia, l’idea che il cratere sia stato creato in concomitanza con gli eventi descritti dai monaci medievali è stata ampiamente smentita. Questo studio è stato pubblicato su Nature Astronomy, gettando nuova luce sull’origine e l’evoluzione delle quasi-lune nel nostro Sistema Solare.
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