C’è un mondo sconosciuto che si cela nelle profondità dell’oceano, un regno misterioso che continua a svelare segreti e meraviglie. Oltre 100 nuove specie sono state recentemente scoperte al largo delle coste della Nuova Zelanda, mentre vaste catene montuose sottomarine sono state individuate sul fondale dell’oceano Pacifico.
Recentemente, una nuova creatura è emersa dalle tenebre marine, una sorta di spettro degli abissi. Le chimere, un gruppo di pesci che comprende gli squali fantasma, noti anche come pesci topo, popolano solitamente gli abissi marini a profondità superiori ai 500 metri. Queste creature, nonostante la somiglianza con gli squali, sono in realtà pesci cartilaginei che si sono evoluti separatamente da questi predatori marini circa 400 milioni di anni fa.
Una delle caratteristiche distintive delle chimere è la forma del muso e la posizione delle pinne anali, che le differenzia dagli squali veri e propri. Nel 2018, durante una spedizione nelle acque profonde del Mar delle Andamane al largo della Thailandia, è stato catturato un esemplare unico di Chimaera a una profondità compresa tra i 772 e i 775 metri.
Originariamente identificato come Chimaera aff. macrospina, ulteriori analisi genetiche e morfologiche hanno rivelato che si trattava di una nuova specie, battezzata Chimaera supapae in onore della Professoressa Supap Monkolprasit, studiosa di pesci cartilaginei in Thailandia scomparsa nel 2013.
Chimaera supapae si distingue per la sua testa massiccia, il muso corto e gli occhi ovali di un verde iridescente. L’esemplare catturato, un maschio immaturo lungo 50,8 centimetri, presenta un colore marrone scuro uniforme, senza macchie o striature, a differenza di altre specie di chimere.
Uno studio approfondito ha rivelato ulteriori dettagli sul cervello di queste creature misteriose, confermando la singolarità di Chimaera supapae rispetto ad altre specie simili. La scoperta di nuove specie come questa ci ricorda quanto poco conosciamo dell’ambiente marino e quanto ancora ci sia da esplorare nelle profondità degli oceani, come sottolineato dal Dottor David Ebert, autore principale dello studio, in un’intervista a LiveScience.
L’articolo che documenta questa straordinaria scoperta è stato pubblicato sul Raffles Bulletin of Zoology, gettando nuova luce su un angolo nascosto del nostro pianeta che continua a stupirci e affascinarci.
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