A oltre 90 metri (295 piedi) sotto la superficie dell’Oceano Indiano, gli scienziati hanno scoperto la prova più profonda dello sbiancamento delle barriere coralline, un segno del riscaldamento globale. Questa scoperta è stata una sorpresa per il team di scienziati dell’Università di Plymouth, che durante una crociera di ricerca nel novembre 2019 ha trovato danni causati dallo sbiancamento dei coralli nelle profondità marine. In passato si pensava che i coralli più profondi fossero al sicuro dai cambiamenti climatici, poiché le acque in cui vivono sono più fredde rispetto alla superficie. Tuttavia, questa scoperta dimostra che anche i coralli più profondi sono minacciati dai cambiamenti climatici. Nel corso dei successivi sei mesi, i ricercatori hanno utilizzato una combinazione di monitoraggio in situ, robot sottomarini con telecamere e dati satellitari per identificare lo sbiancamento e determinarne la causa. Le telecamere sottomarine hanno mostrato che fino all’80% delle barriere coralline in alcune parti del fondale marino erano danneggiate, a profondità in cui ci si aspetterebbe che fossero resistenti allo sbiancamento. La causa del danno è stata un aumento delle temperature al di sotto della superficie dell’Oceano Indiano Centrale, che è passato da 22°C a 29°C. Anche piccoli cambiamenti di temperatura possono causare lo sbiancamento dei coralli. I ricercatori pensano che l’aumento delle temperature sia dovuto all’approfondimento della termoclina, uno strato tra l’acqua più calda in superficie e l’acqua più fredda in profondità. Questo approfondimento è un ciclo naturale che viene intensificato dai cambiamenti climatici. Gli scienziati prevedono che lo sbiancamento delle barriere coralline nell’oceano profondo diventerà più frequente in futuro, portando a una perdita di biodiversità e una riduzione dei servizi ecosistemici che queste barriere coralline forniscono. Nonostante non sia possibile fermare il cambiamento della termoclina, una maggiore ricerca e conoscenza delle barriere coralline delle profondità marine potrebbe aiutarci a capire meglio gli impatti di questi cambiamenti. È urgente ampliare la nostra comprensione di questi ambienti poco studiati di fronte a un rapido cambiamento globale. Lo studio è stato pubblicato su Nature Communications.
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