Il trattamento con ossigeno, sebbene abbia ridotto l’attività cellulare, non è stato in grado di potenziare la funzione metabolica nei pazienti affetti da diabete. I ricercatori dell’Università del Missouri stanno attualmente indagando su terapie mirate a specifiche cellule coinvolte in disturbi cardiovascolari e metabolici, come ipertensione e diabete di tipo 2. Il focus del loro ultimo studio è rivolto a un gruppo di cellule chemiorecettrici localizzate vicino all’arteria carotide nel collo. Queste cellule, quando iperattive, sono strettamente legate a un aumento del rischio di condizioni legate al sistema cardiovascolare e alla mortalità.
Poiché queste chemiorecettrici rilevano i livelli di ossigeno nel corpo, i ricercatori stanno esplorando la possibilità che la regolazione dei livelli di ossigeno possa influenzare l’attività di tali cellule, con potenziali benefici per la salute cardiovascolare e metabolica. Uno degli approcci terapeutici in fase di studio è l’iperossia, basato su ricerche entusiasmanti condotte su ratti. Queste ricerche hanno dimostrato che la rimozione delle chemiorecettrici iperattive potrebbe migliorare condizioni come ipertensione e iperglicemia.
Jacqueline Limberg, prima autrice dello studio e professore associato di nutrizione e fisiologia dell’esercizio, ha sottolineato l’importanza di esplorare l’effetto delle dosi elevate di ossigeno sull’attività delle chemiorecettrici prima di considerarne la completa rimozione nei pazienti. Lo studio condotto presso l’Università del Missouri ha coinvolto due gruppi: 17 pazienti affetti da diabete di tipo 2 e 20 individui senza diabete, utilizzati come gruppo di controllo.
I risultati hanno evidenziato un’iperattività delle chemiorecettrici periferiche negli adulti con diabete, con livelli di attività più elevati nei pazienti con maggiore livello di zucchero nel sangue. Dopo l’esposizione all’iperossia, si è osservata una diminuzione dell’attività delle chemiorecettrici, insieme a una riduzione della frequenza cardiaca, della pressione sanguigna e del numero di respiri al minuto. Tuttavia, non sono emerse differenze significative tra i due gruppi, né sono stati riscontrati impatti sulla tolleranza al glucosio o sulla sensibilità all’insulina.
Camila Manrique-Acevedo, co-autrice dello studio e professore di medicina, ha sottolineato che l’obiettivo della ricerca era comprendere come le chemiorecettrici periferiche influenzano le conseguenze cardiovascolari e metaboliche del diabete di tipo 2. L’episodio di iperossia non ha portato a un miglioramento immediato della funzione, ma ha fornito importanti informazioni per orientare la ricerca verso terapie più promettenti per i pazienti affetti da diabete di tipo 2.
Il lavoro di ricerca è stato pubblicato su The Journal of Physiology e ha coinvolto diversi autori, tra cui Jacqueline K. Limberg, Elizabeth P. Ott, Aubrey M. Pipkins, Eric C. Lis, Anna M. Gonsalves, Jennifer L. Harper e Camila Manrique-Acevedo. Jacqueline Limberg, PhD, è professore associato di nutrizione e fisiologia dell’esercizio presso il College of Agriculture, Food and Natural Resources, mentre Camila Manrique-Acevedo, MD, ricopre il ruolo di professore di medicina e il Thomas W. Burns, MD, Distinguished Professor in Diabetes presso la Scuola di Medicina, oltre ad essere un investigatore NextGen Precision Health.
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