Unconventional Strategy to Combat Climate Change

Enhancing Oceanic Carbon Sequestration through Zooplankton's Diet

Un nuovo approccio per combattere il cambiamento climatico è stato sviluppato da ricercatori guidati dall’Università di Dartmouth, che mirano a potenziare la sequestrazione del carbonio oceanico sfruttando le abitudini alimentari dello zooplancton. Introducendo particelle di argilla nella dieta di queste creature marine microscopiche, si accelera la pompa biologica del carbonio, un processo cruciale per rimuovere il carbonio dall’atmosfera.

Lo studio, pubblicato su Nature Scientific Reports, ha rivelato che la polvere di argilla spruzzata sulla superficie dell’oceano alla fine delle fioriture algali può catturare una significativa quantità di carbonio organico. Questo carbonio viene trasformato in piccole palline appiccicose che lo zooplancton mangia avidamente e successivamente espelle a profondità inferiori, contribuendo così a sequestrare il carbonio nell’oceano per lunghi periodi.

Il professor Mukul Sharma, autore principale dello studio, ha presentato i risultati alla conferenza annuale dell’American Geophysical Union a Washington, D.C. Ha spiegato che l’uso dell’argilla rende la pompa biologica più efficiente, poiché le particelle di argilla si legano al carbonio organico, facilitandone l’assimilazione da parte dello zooplancton e il successivo affondamento nelle profondità marine.

Gli esperimenti condotti in laboratorio hanno dimostrato che la polvere di argilla è in grado di catturare fino al 50% delle particelle di carbonio organico, impedendo loro di ossidarsi in biossido di carbonio. Questo processo aumenta la concentrazione di particelle organiche appiccicose che raccolgono più carbonio mentre affondano, contribuendo così a seppellire il carbonio a profondità dove può essere conservato per millenni.

Zooplankton Con Cibo nello Stomaco
Uno studio condotto da ricercatori di Dartmouth mostra che animali marini microscopici chiamati zooplancton (nella foto) possono essere indotti ad ingerire particelle di carbonio organico in acqua di mare che vengono successivamente confinate nell’oceano profondo nelle feci degli animali. I ricercatori hanno scoperto che l’argilla spruzzata sulla superficie dell’acqua si lega al carbonio, creando palline appiccicose che diventano parte del quotidiano banchetto dei piccoli voraci creature.
Mukul Sharma/Dartmouth

Il team di ricerca ha anche evidenziato che l’aggiunta di argilla ha ridotto significativamente le popolazioni di batteri responsabili del rilascio di carbonio nell’atmosfera, favorendo invece l’accumulo di carbonio nelle profondità marine. Questo nuovo approccio potrebbe rappresentare una svolta nella lotta contro il cambiamento climatico, poiché accelera il processo naturale di rimozione del carbonio dall’atmosfera.

Il professor Sharma ha sottolineato l’importanza di testare sul campo questo metodo, spruzzando argilla sulle fioriture di fitoplancton al largo della costa della California meridionale. L’obiettivo è valutare l’efficacia del processo in diverse profondità e identificare i luoghi ottimali per implementarlo. Questo approccio innovativo potrebbe aprire nuove prospettive nella lotta contro il cambiamento climatico, offrendo un modo efficace per sequestrare il carbonio oceanico e mitigare i suoi effetti sull’ambiente marino e terrestre.

Flocchi di Argilla-Carbonio
Il metodo dei ricercatori consisterebbe nello spruzzare polvere di argilla su grandi fioriture di piante marine microscopiche chiamate fitoplancton, che possono coprire centinaia di miglia quadrate e rimuovere 150 miliardi di tonnellate di biossido di carbonio dall’atmosfera ogni anno. Ma la maggior parte di quel carbonio rientra nell’atmosfera quando le piante muoiono. Il metodo dei ricercatori devia il carbonio a galleggiamento libero nella catena alimentare marina sotto forma di piccole palline appiccicose di argilla e carbonio organico chiamate flocchi (nella foto) che vengono consumati dallo zooplancton o affondano in acque più profonde.
Mukul Sharma
Diksha Sharma e Vignesh Menon
I primi autori Diksha Sharma, a sinistra, e Vignesh Menon conducono esperimenti su acqua di mare raccolta dal Golfo del Maine durante una fioritura di alghe.
Annie Kandel

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