Peste bubbonica trovata in una mummia egizia di 3.000 anni

Peste bubbonica trovata in una mummia egizia di 3.000 anni

Gli scienziati hanno recentemente scoperto una mummia egizia risalente a oltre 3.000 anni fa, che potrebbe essere morta a causa della peste bubbonica. Questa scoperta, effettuata attraverso l’analisi molecolare del DNA, è la prima prova documentata della presenza della peste al di fuori del continente eurasiatico, e fornisce importanti evidenze scientifiche sulla diffusione della malattia in epoche antiche.

La mummia, risalente a circa 3.290 anni fa, è conservata nel Museo Egizio di Torino ed è appartenente alla tarda età del bronzo. Gli scienziati hanno esaminato il tessuto osseo della mummia e trovato tracce di DNA del batterio Yersinia pestis, il patogeno responsabile della peste bubbonica. La presenza di questo DNA indica che la malattia aveva raggiunto uno stadio avanzato quando la vittima è morta, suggerendo che la peste fosse già una malattia ben sviluppata in quella regione. Tuttavia, non è chiaro se si trattasse di un caso isolato o di un episodio facente parte di un’epidemia più ampia che potrebbe essersi diffusa nella regione.

Sebbene per decenni gli esperti avessero avanzato l’ipotesi che la peste fosse presente in Egitto, fino ad ora non erano state trovate prove concrete. Nel 2004, gli scienziati avevano scoperto pulci antiche in un deposito sulle rive del fiume Nilo, e un antico documento medico egiziano, risalente a circa 3.500 anni fa, descriveva un bubbone pieno di pus pietrificato, suggerendo che i topi infestanti della peste potrebbero aver diffuso la malattia tramite rotte marittime. Tuttavia, senza la scoperta del DNA della peste, l’esistenza della malattia in Egitto non era mai stata confermata con certezza.

La peste bubbonica, conosciuta anche come “Morte Nera”, è una delle malattie più devastanti della storia umana. Si trasmette attraverso il morso di pulci che infestano roditori, provocando il gonfiore dei linfonodi, noti come “bubboni”, principalmente nell’inguine, nelle ascelle e nel collo. Il batterio causa gravi complicazioni, tra cui emorragie interne, vomito di sangue e convulsioni, con un alto tasso di mortalità. La malattia è tristemente famosa per aver causato la morte di circa 25 milioni di persone durante l’epidemia del XIV secolo in Europa, ma anche per le successive ondate in Asia e altre parti del mondo.

La scoperta del DNA della peste nella mummia egizia è di grande importanza per la comunità scientifica, poiché offre nuove prove sulla diffusione della malattia in antichità, in un’area che non era stata precedentemente associata alla peste. Gli scienziati ora sperano che questa scoperta possa ispirare ulteriori ricerche e studi sulla trasmissione della peste, sulla sua patologia e sulle possibili rotte di diffusione, specialmente nell’ambito del contesto storico egiziano. La ricerca potrebbe anche fare luce su come la malattia fosse percepita e trattata nell’antico Egitto e su eventuali epidemie che potrebbero essere sfuggite ai registri storici.