Uno studio rivoluzionario pubblicato su iScience il 4 dicembre ha offerto nuove e affascinanti intuizioni su come gli antichi mesopotamici, un popolo che abitava l’attuale Iraq, comprendevano ed esprimevano le emozioni. Lo studio, condotto da un team multidisciplinare di esperti, ha esaminato come emozioni universali come felicità, rabbia e amore venivano collegate alle sensazioni fisiche nel corpo umano. La ricerca ha analizzato oltre un milione di parole scritte in accadico, una lingua dell’antica Mesopotamia, utilizzando caratteri cuneiformi su tavolette di argilla tra il 934 e il 612 a.C. Questi testi, che includevano preghiere, letteratura e documenti di vita quotidiana, hanno fornito una finestra unica sul pensiero e sulle percezioni di questa antica civiltà.
Lo studio ha utilizzato un approccio innovativo basato sulla linguistica dei corpus, una tecnica che analizza grandi quantità di testi per identificare schemi linguistici e concetti ricorrenti. Questo approccio ha permesso ai ricercatori di esplorare come le emozioni venivano descritte in relazione a specifiche parti del corpo, un aspetto mai esaminato prima nei testi antichi. Il team, che includeva Saana Svärd, Juha Lahnakoski, Mikko Sams, Ellie Bennett, Lauri Nummenmaa e Ulrike Steinert, ha evidenziato come i mesopotamici avessero una conoscenza di base dell’anatomia, riconoscendo l’importanza di organi come il cuore, il fegato e i polmoni. Parole come “aperto”, “splendente” e “pieno” venivano comunemente usate per descrivere emozioni positive come la gioia, spesso associate al fegato, un organo di grande rilevanza simbolica nella cultura mesopotamica.
Un aspetto interessante dello studio è stato il confronto tra le mappe emozionali mesopotamiche e quelle moderne. Le mappe emozionali sono rappresentazioni fisiche di dove le emozioni vengono percepite nel corpo. I ricercatori hanno trovato che, sebbene le mappe emozionali dei mesopotamici e quelle moderne mostrino somiglianze, come l’associazione della felicità al cuore, ci sono anche differenze significative. Per esempio, mentre le persone moderne tendono a descrivere la rabbia come una sensazione che colpisce la parte superiore del corpo e le mani, i mesopotamici la localizzavano nei piedi. Questo suggerisce che le percezioni delle emozioni nel corpo possono variare significativamente tra le culture e nel corso del tempo.
Anche l’amore, pur essendo una delle emozioni più universali, veniva percepito in modo simile sia nell’antichità che oggi: entrambi i gruppi associavano l’amore al cuore, ma i mesopotamici lo legavano anche al fegato e alle ginocchia, un’altra area simbolicamente importante. I ricercatori hanno sottolineato che le mappe emozionali antiche sono basate principalmente su descrizioni linguistiche, mentre le mappe moderne si basano su esperienze auto-riportate, il che rende difficile fare un confronto diretto tra le due.
Il team di ricerca ha avvertito della necessità di essere cauti nel comparare le mappe emozionali antiche con quelle moderne, dato che il contesto culturale, linguistico e storico può influire profondamente sulla percezione e descrizione delle emozioni. Le emozioni mesopotamiche erano espressa soprattutto attraverso il linguaggio, senza la possibilità di fare riferimento a esperienze personali come nel caso degli studi contemporanei.
In futuro, i ricercatori intendono ampliare la loro analisi per includere altri testi, come quelli inglesi del XX secolo (con un corpus di 100 milioni di parole), per esplorare ulteriormente come le emozioni siano cambiate nel tempo e come possano variare tra diverse culture. Inoltre, sperano di confrontare le espressioni emotive tra le culture finlandese e mesopotamica, con l’obiettivo di comprendere meglio le differenze nelle esperienze emotive attraverso la storia e le culture. Questo studio apre nuove strade per la ricerca sulla storia delle emozioni, utilizzando metodi moderni per esplorare la psicologia antica.