La solitudine nell’età adulta segue un modello a forma di U, raggiungendo il suo apice nei primi e negli ultimi anni dell’età adulta e toccando il livello più basso durante la mezza età. Questa interessante scoperta emerge da una recente ricerca condotta da Northwestern Medicine, che ha esaminato nove studi longitudinali provenienti da diverse parti del mondo.
Secondo Eileen Graham, autrice principale dello studio e professore associato di scienze sociali mediche presso la Northwestern University Feinberg School of Medicine, ciò che ha sorpreso è la costante crescita della solitudine negli anni più avanzati dell’età adulta. Lo studio, pubblicato di recente su Psychological Science, ha anche indagato diversi fattori di rischio che contribuiscono all’aumento della solitudine in tutte le fasi della vita. Graham ha sottolineato l’importanza di comprendere chi si trova in situazioni di solitudine e perché le persone diventano sempre più sole man mano che superano la mezza età, al fine di individuare strategie per contrastarla.
La solitudine rappresenta un serio rischio per la salute, tanto che il chirurgo generale degli Stati Uniti ha equiparato il suo impatto sulla mortalità precoce a quello del fumo quotidiano. Questa allerta è stata lanciata un anno fa, evidenziando l’importanza di affrontare l’epidemia di solitudine in America. Alla luce di queste scoperte, Graham sottolinea la necessità di interventi mirati per ridurre la solitudine, in particolare tra gli adulti più anziani. Propone che i medici di base includano la valutazione della solitudine durante le visite di routine per identificare coloro che sono più a rischio.
Il recente studio ha individuato che le persone con un livello persistente di solitudine più elevato sono principalmente donne, con maggiore isolamento, minor istruzione, redditi più bassi, più limitazioni funzionali, status di divorziati o vedovi, fumatori e con una salute fisica, cognitiva o mentale compromessa.
Il modello a forma di U della solitudine è stato osservato in nove set di dati provenienti da diversi paesi, tra cui Regno Unito, Germania, Svezia, Paesi Bassi, Australia, Israele e altri, con un solo set di dati proveniente dagli Stati Uniti. Tutti gli studi sono stati condotti prima della pandemia di COVID-19, durante la quale si è registrato un ulteriore aumento della solitudine. Graham ha sottolineato l’unicità dello studio nel combinare i dati provenienti da diverse fonti per rispondere alla domanda su come la solitudine si evolva nel corso della vita e quali fattori contribuiscano a renderci più o meno soli nel tempo.
La mezza età emerge come una fase meno solitaria, probabilmente a causa delle molteplici interazioni sociali che caratterizzano questo periodo della vita, come il matrimonio, l’occupazione e le relazioni con altri genitori. Tuttavia, il legame tra interazione sociale e solitudine è complesso, come sottolinea Graham, poiché è possibile sentirsi soli nonostante numerose interazioni sociali o, al contrario, sentirsi appagati pur essendo relativamente isolati.
Il percorso della solitudine inizia alla fine dell’adolescenza, quando i giovani adulti affrontano importanti transizioni come l’istruzione, la carriera e le relazioni. Con l’avanzare dell’età e il passaggio dalla giovinezza alla mezza età, si consolidano amicizie adulte, reti sociali e legami di coppia. Secondo Tomiko Yoneda, professore assistente di psicologia presso l’Università della California, Davis, le persone sposate tendono ad essere meno sole, suggerendo che per gli anziani non sposati trovare punti di contatto sociali significativi potrebbe contribuire a ridurre il rischio di solitudine persistente.
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