Tra le aride distese desertiche del Kuwait e le acque settentrionali del Golfo Persico, l’isola di Failaka sembra oggi un luogo abbandonato al tempo. Ad abitarla, per lo più, sono cammelli, e il suo unico villaggio è un ammasso di rovine segnato dai proiettili e dai colpi di carro armato, memoria vivida della guerra del Golfo del 1990. Eppure, sotto questa superficie desolata, si nasconde una storia millenaria che archeologi da tutto il mondo stanno riportando alla luce.
Con uno sguardo attento, Failaka emerge come un crocevia strategico e culturale di straordinaria importanza, dove si intrecciano le tracce delle prime civiltà mesopotamiche, dei commerci lungo il Golfo, e delle trasformazioni religiose e politiche che hanno attraversato i secoli.
Un passato plasmato dalla geografia
Il segreto della ricchezza storica di Failaka risiede nella sua posizione unica, a circa 100 chilometri dal punto in cui il Tigri e l’Eufrate si gettano nel Golfo Persico. Fin dall’epoca d’oro di Ur, la più grande metropoli del mondo nel terzo millennio a.C., l’isola è stata contesa come base strategica. Con due porti naturali, acqua potabile e suoli parzialmente fertili, Failaka era perfetta per controllare e proteggere – o saccheggiare – i ricchi commerci che transitavano lungo il Golfo.
Nei secoli, ha accolto mercanti mesopotamici, asceti cristiani, agricoltori islamici e, più tardi, pirati, che sfruttarono la sua posizione isolata per nascondersi e operare indisturbati. Persino le guerre moderne, come l’invasione del Kuwait da parte di Saddam Hussein nel 1990, hanno lasciato un’impronta indelebile su quest’isola resiliente.
Un polo per l’archeologia internazionale
Oggi, Failaka è al centro di un’intensa attività archeologica, con squadre provenienti da Polonia, Francia, Danimarca, Italia e altri Paesi che scavano per svelare i suoi segreti. Mentre le tensioni geopolitiche in nazioni vicine come Iraq, Iran e Siria rendono impossibili molti progetti di ricerca, il Kuwait offre un rifugio sicuro per gli studiosi. Dal 2004, il direttore delle antichità del Kuwait, Shehab Shehab, ha invitato sempre più team a unirsi agli sforzi di scavo.
“Vogliamo trasformare Failaka in un centro di ricerca archeologica per l’intera regione del Golfo,” afferma Shehab, che sogna di vedere il Kuwait riconosciuto come una capitale del patrimonio storico e scientifico.
Un patrimonio minacciato e salvato
Il valore culturale di Failaka è particolarmente cruciale per il Kuwait, un Paese dove il deserto domina e i siti storici sulla terraferma sono scarsi. Persino la vecchia Kuwait City, con due secoli di storia, è stata demolita per far posto ai grattacieli. Tuttavia, i piani di trasformare Failaka in un polo turistico con hotel di lusso, chalet e porti turistici minacciavano di cancellare la sua ricca eredità. Il progetto da 5 miliardi di dollari è stato abbandonato a seguito della recessione economica globale, e Shehab ha colto l’opportunità per spingere affinché l’intera isola venga protetta e destinata alla ricerca archeologica.
Scoperte che raccontano millenni
Gli sforzi degli archeologi stanno già portando alla luce incredibili testimonianze: mercanti mesopotamici, templi religiosi che abbracciano oltre 2.500 anni e persino un covo di pirati. Tra i reperti più recenti, i resti dell’ultima battaglia di Failaka, un simbolo della capacità dell’isola di resistere nel tempo.
Con il governo che investe oltre 10 milioni di dollari all’anno per sostenere i progetti di ricerca, Failaka si sta affermando come un simbolo della lotta per preservare il passato in un mondo che spesso lo sacrifica al progresso. Oggi, questa “terra dimenticata” non è più solo un’isola sperduta nel Golfo, ma un archivio vivo della storia dell’umanità, pronta a svelare i suoi segreti ai futuri studiosi e visitatori.
Fonte:
https://www.arabtimesonline.com/news/kuwait-unearths-ancient-workshop-rare-clay-head