Quando ci godiamo un succulento trancio di pesce o un piatto di frutti di mare, c’è più di quanto appaia sul nostro piatto. Non solo assorbiamo benefici nutrienti come gli omega-3 e la vitamina D, ma ingeriamo anche qualcosa di meno appetitoso: micro e nanoplastiche.
Queste minuscole particelle, inferiori a 5 millimetri, si fanno strada nei nostri oceani attraverso i rifiuti umani, contaminando la catena alimentare marina. Secondo uno studio dell’Ifremer, sono ben 24.400 miliardi le microplastiche che galleggiano sulla superficie degli oceani.
Plastica nella catena alimentare
Dalle microalghe ai pesci predatori, le micro e nanoplastiche non risparmiano nessun livello della catena alimentare. Ma questa non è solo una questione di ecosistemi marini. Il problema si riflette direttamente sulla nostra salute. Che cosa sappiamo veramente di questa contaminazione?
L’impatto sugli organismi marini
La plastica si accumula negli organismi attraverso un processo chiamato bioaccumulo, trasformandosi in una minaccia per la vita marina. Studi condotti su cozze, ad esempio, dimostrano che le microplastiche possono bloccare l’apparato digerente, attivare risposte immunitarie e persino danneggiare il DNA.
Gli effetti tossici variano in base alla dimensione, alla composizione e al livello di degradazione della plastica, ma spesso peggiorano per la presenza di additivi chimici nocivi come gli ftalati. Questi composti, noti come disruptori endocrini, interferiscono con i sistemi ormonali, creando rischi per gli organismi marini e potenzialmente anche per gli esseri umani.
Dai mari alle nostre tavole
La plastica ingerita dai pesci e dai molluschi finisce inevitabilmente nei nostri piatti. Si stima che chi consuma regolarmente pesce possa ingerire migliaia di particelle di microplastiche ogni anno.
Queste particelle, una volta nel corpo umano, potrebbero causare danni simili a quelli osservati negli animali marini. Gli studi indicano che le micro e nanoplastiche possono compromettere le funzioni cellulari, favorire la diffusione di batteri patogeni e intensificare i rischi di malattie infettive.
Un problema che richiede azioni immediate
Questa emergenza sanitaria ed ecologica non può più essere ignorata. La crescente produzione di plastica – che in Europa ha raggiunto i 58 milioni di tonnellate solo nel 2022 – ci obbliga ad affrontare con urgenza il problema del suo smaltimento.
Adottare soluzioni innovative per il riciclaggio, ridurre l’uso di plastica monouso e investire nella sensibilizzazione pubblica sono passi cruciali per contenere questa crisi. Il tempo stringe: proteggere gli oceani significa proteggere noi stessi.
In fondo, il nostro futuro dipende dalla salute dei mari. E ogni azione, anche piccola, può fare una grande differenza.