C’è una zona dell’Oceano Indiano che sfida le leggi della gravità come le conosciamo. Un’area in cui il livello del mare si abbassa di ben 106 metri rispetto alle regioni circostanti, creando una sorta di “ammaccatura” nel campo gravitazionale terrestre. Conosciuto come il “buco gravitazionale dell’Oceano Indiano”, questo fenomeno, scoperto nel 1948, ha a lungo sconcertato scienziati e geofisici di tutto il mondo. Solo recentemente, grazie a sofisticate simulazioni al computer, sembra emergere una spiegazione convincente per questa anomalia.
Dove si trova il buco gravitazionale?
Il buco gravitazionale si estende per 3,1 milioni di chilometri quadrati, una superficie vastissima pari a circa dieci volte quella dell’Italia, e si trova a circa 1.200 chilometri a sud-ovest dell’India. Qui, l’attrazione gravitazionale è insolitamente debole, tanto da influenzare il livello del mare. Ma come si è formato questo curioso “avvallamento” gravitazionale?
Una storia che affonda nel tempo
La risposta sembra risalire a milioni di anni fa, quando la Terra era molto diversa da quella che conosciamo oggi. Secondo uno studio pubblicato nel 2023 sulla rivista Geophysical Research Letters, tutto iniziò con la disgregazione del supercontinente Gondwana, circa 180 milioni di anni fa. A quel tempo, un antico oceano chiamato Teti si estendeva tra i supercontinenti Laurasia e Gondwana.
Quando Teti scomparve, la sua crosta oceanica iniziò a scivolare sotto la placca eurasiatica in un processo noto come subduzione. I resti frammentati di questa crosta affondarono lentamente nelle profondità del mantello terrestre, fino a raggiungere le sue zone più basse, circa 20 milioni di anni fa.
Un gioco di densità nel cuore del pianeta
Il modello sviluppato dai ricercatori suggerisce che, quando questi antichi frammenti di crosta raggiunsero il mantello inferiore, provocarono uno spostamento del materiale ad alta densità presente nella regione, noto come “blob africano“. Questo enorme blocco di magma cristallizzato, grande 100 volte il monte Everest, si trova ancora oggi sotto l’Africa. Il suo spostamento diede origine a un effetto a catena: materiale meno denso, simile a pennacchi di magma, salì verso l’alto per occupare lo spazio lasciato vuoto, riducendo così la massa e la gravità complessiva della zona.
Una scoperta in evoluzione
Sebbene il modello sembri offrire una spiegazione convincente, gli scienziati sottolineano che resta ancora molto da scoprire. Ad esempio, saranno necessari ulteriori studi sui dati sismici per verificare la presenza dei pennacchi a bassa densità ipotizzati sotto l’Oceano Indiano. Queste nuove informazioni potrebbero non solo confermare la teoria, ma anche arricchire la nostra comprensione dei processi interni del nostro pianeta.
Misteri sotterranei: non solo sulla Terra
Le anomalie come quella del buco gravitazionale non sono un’esclusiva terrestre. Anche le esplorazioni su Marte hanno rivelato regioni nascoste sotto la superficie del pianeta rosso, con caratteristiche che gli scienziati stanno ancora cercando di decifrare. Questi fenomeni ci ricordano quanto ancora dobbiamo imparare non solo sul nostro mondo, ma anche sugli altri corpi celesti del Sistema Solare.
Un invito a guardare oltre
Il buco gravitazionale dell’Oceano Indiano rappresenta un affascinante esempio di come la scienza possa svelare i misteri del nostro pianeta attraverso tecnologie all’avanguardia e studi interdisciplinari. Mentre continuiamo a esplorare le profondità della Terra e del cosmo, è chiaro che ogni risposta porta con sé nuove domande, alimentando la nostra inesauribile curiosità verso l’ignoto.
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