Esplorando e modellando il nostro pianeta, ci si imbatte in diversi misteri che circondano il nucleo interno della Terra. Studiare una regione situata a oltre 5.100 chilometri sotto i nostri piedi è un’impresa ardua, considerando che il punto più profondo che abbiamo raggiunto è a soli 12.263 metri. Tuttavia, possiamo acquisire conoscenze sul nucleo attraverso l’analisi delle onde sismiche e delle linee del campo magnetico terrestre, che riflettono le condizioni presenti nel nucleo.
Un enigma ancora irrisolto riguarda la solidificazione del nucleo interno della Terra da uno stato liquido fuso in passato. Inizialmente liquido, il nucleo interno si è solidificato nel corso del tempo. Mentre la Terra si raffredda gradualmente, il nucleo interno si espande verso l’esterno, mentre il liquido ricco di ferro circostante si solidifica. Nonostante ciò, il nucleo interno rimane estremamente caldo, con una temperatura di almeno 5.000 Kelvin (4.726,85°C), come riportato da Alfred Wilson-Spencer, ricercatore di Mineralogia Fisica presso l’Università di Leeds.
Comprendere il processo di solidificazione potrebbe fornire chiavi importanti per comprendere i campi magnetici terrestri, fondamentali per la protezione del pianeta dalle radiazioni solari dannose e per favorire le condizioni necessarie alla vita. Durante il processo di solidificazione, vengono rilasciati elementi come ossigeno e carbonio, che non sono compatibili con uno stato solido caldo, creando un liquido caldo e galleggiante sul fondo del nucleo esterno liquido.
Secondo Wilson-Spencer, questo liquido si solleva nel nucleo esterno e si mescola con esso, generando correnti elettriche che producono il campo magnetico terrestre attraverso l’azione del dinamo. Tuttavia, il processo di solidificazione del nucleo terrestre rimane un enigma complesso, considerando la nostra posizione sulla Terra e il raffreddamento avvenuto per oltre un miliardo di anni.
Uno studio condotto da Wilson-Spencer e il suo team ha esaminato come la presenza di altri elementi, come il carbonio, nel nucleo potrebbe influenzare il processo di solidificazione. Utilizzando un supercomputer per simulare le interazioni tra atomi di ferro e carbonio sotto pressioni intense, il team ha scoperto che il nucleo potrebbe solidificarsi con molto meno superraffreddamento, forse meno di 400K, e in tempi plausibili.
Ulteriori ricerche sono necessarie per esplorare come la presenza di altri elementi nel nucleo, come ossigeno e silicio, possa complicare ulteriormente la comprensione del processo di solidificazione. Tuttavia, questa strada di indagine potrebbe sollevare ulteriori interrogativi sul nucleo terrestre e sulle sue dinamiche.
Le implicazioni di non comprendere appieno la formazione del nucleo interno sono significative. Stime precedenti sull’età del nucleo interno variano da 500 a 1.000 milioni di anni, ma non tengono conto del problema del superraffreddamento. Anche un modesto superraffreddamento di 100K potrebbe significare che il nucleo interno è più giovane di quanto si pensasse in precedenza di diversi centinaia di milioni di anni.
Lo studio condotto dal team di Wilson-Spencer, pubblicato su EarthArXiv, rappresenta un passo avanti nella comprensione di uno dei misteri più profondi e affascinanti del nostro pianeta, aprendo la strada a ulteriori ricerche e scoperte nel campo della geofisica.
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