Gli antichi egizi bevevano cocktail di sostanze psichedeliche, fluidi corporei e alcol

Una tazza egizia del II secolo a.C. svela l'uso di sostanze psicotrope, alcol e fluidi corporei in rituali legati alla fertilità e alla trasformazione spirituale.

Uno studio recente ha fornito nuove e sorprendenti informazioni sull’uso di una tazza egizia di Bes, un recipiente decorato con la testa della divinità protettrice della fertilità, della gioia e del benessere domestico. La tazza, datata al II secolo a.C. e trovata nella collezione del Tampa Museum of Art, è stata oggetto di un’analisi chimica avanzata che ha rivelato tracce di una complessa miscela liquida utilizzata in rituali cerimoniali. Questi rituali, secondo gli autori dello studio, probabilmente coinvolgevano stati alterati di coscienza e avevano un forte legame con concetti di fertilità e trasformazione spirituale.

L’analisi ha identificato la presenza di composti psicoattivi, tra cui alcaloidi derivanti dalla pianta Peganum harmala (nota anche come harmel o ruta siriana), che può indurre visioni oniriche e alterazioni della percezione. Inoltre, è stata trovata traccia di un’altra pianta psicoattiva, la ninfea blu, che contiene aporfina, un alcaloide con effetti sedativi e euforizzanti. Questi ingredienti suggeriscono che la miscela fosse destinata a produrre effetti psicotropi, favorendo stati meditativi intensificati e possibilmente euforia, elementi ideali per rituali di profezia o di trasformazione spirituale.

A sorpresa, la ricerca ha anche rivelato la presenza di fluidi corporei umani, come proteine del sangue, muco vaginale e forse latte materno, nella miscela contenuta nella tazza. Questo elemento simbolico e rituale suggerisce che i fluidi corporei fossero inclusi per enfatizzare temi di vita, fertilità e rigenerazione. L’uso di tali fluidi, sebbene inaspettato, potrebbe avere avuto un significato profondo all’interno di pratiche cerimoniali, collegandosi simbolicamente al ciclo di vita e alla rinascita.

Inoltre, sono stati trovati segni di alcol fermentato derivato da frutta, e la miscela risultava aromatizzata con ingredienti come miele, semi di sesamo, pinoli, liquirizia e uva, il che suggerisce una preparazione rituale particolarmente complessa. Gli autori dello studio ipotizzano che la bevanda fosse utilizzata in cerimonie legate alla fertilità o forse a rituali oracolari, in cui il consumo di queste sostanze poteva indurre visioni profetiche o esperienze mistiche.

Questa scoperta è particolarmente significativa perché, sebbene ci fossero teorie precedenti basate su testi e immagini, non era mai stata trovata prova diretta dell’uso di sostanze psicotrope nei rituali egizi. L’analisi chimica dei residui organici ha fornito la prima conferma scientifica del loro impiego, ampliando la nostra comprensione delle pratiche cerimoniali egizie, che apparivano più complesse e mirate di quanto si fosse pensato finora.

In definitiva, lo studio ha rivelato che le tazze Bes non erano semplicemente oggetti decorativi o utilitaristici, ma strumenti fondamentali in rituali che miravano a indurre stati alterati di coscienza, facilitando esperienze spirituali o oracolari. L’inclusione di ingredienti psicoattivi e fluidi umani sottolinea il ruolo centrale di Bes come figura di trasformazione mistica, simbolo di fertilità e di passaggio tra mondi spirituali e terreni. La scoperta amplia significativamente la nostra comprensione delle pratiche religiose e rituali nell’Egitto tolemaico, rivelando un uso sofisticato delle risorse naturali per scopi religiosi e spirituali.