Un ricercatore solleva l’ipotesi che gli esperimenti condotti dai lander Viking su Marte negli anni ’70 abbiano erroneamente distrutto segni di vita microbica sul pianeta rosso. Dirk Schulze-Makuch, astrobiologo dell’Università Tecnica di Berlino, suggerisce che i metodi utilizzati all’epoca, come il gascromatografo-spettrometro di massa (GCMS) e gli esperimenti di rilascio etichettato e pirolitico, potrebbero aver distrutto o “soffocato” la vita marziana adattata a condizioni estreme di siccità.
Gli esperimenti della Viking, progettati per rilevare segni di vita, hanno trovato composti organici clorurati, ma inizialmente furono considerati come contaminazione terrestre. Recentemente, però, si è scoperto che questi composti potrebbero provenire da Marte. Inoltre, l’infusione di acqua nei campioni potrebbe aver ucciso microbi marziani adattati alla siccità, simile a come un essere umano in un deserto potrebbe essere danneggiato se posto in mare.
Schulze-Makuch suggerisce che Marte potrebbe ospitare una vita microbica che prospera in ambienti estremamente aridi, con composti come perossido di idrogeno e sali igroscopici. Per future missioni, invece di concentrarsi solo sull’acqua, dovrebbe essere preso in considerazione anche il rilevamento di composti idratati e sali come segni di vita. Secondo l’autore, è giunto il momento di inviare una nuova missione dedicata alla ricerca della vita, armata di una comprensione più approfondita dell’ambiente marziano.