Il deserto di Atacama è un luogo unico sulla Terra, caratterizzato da uno stato meteorologico eccezionale che lo rende estremamente arido e privo d’acqua, con una scarsa presenza di vita. Tuttavia, nonostante le condizioni estreme, la scienza sta scoprendo sempre più organismi bizzarri e nascosti che sono riusciti a sopravvivere in questo ambiente ostile.
La ricerca di questi estremofili è estremamente complessa, soprattutto a causa della difficoltà nel separare la vita dall’inanimato in un ambiente così morto come l’Atacama. Tuttavia, uno studio recente potrebbe aver aperto nuove prospettive grazie allo sviluppo di una tecnica innovativa per distinguere il materiale genetico extracellulare (eDNA) da quello intracellulare (iDNA).
Il geomicrobiologo Dirk Wagner, del GFZ German Research Centre for Geosciences di Potsdam, ha sottolineato l’importanza di questa nuova tecnica, che consiste nel lavare i campioni di suolo dell’Atacama in un tubo di liquido freddo per separare l’eDNA dal iDNA. Dopo quattro cicli di lavaggio, la maggior parte dell’eDNA è stata recuperata nel liquido, mentre l’iDNA è rimasto nel campione di suolo.
Questi risultati evidenziano l’importanza di utilizzare tecniche genomiche alternative in ambienti a bassa biomassa come l’Atacama, dove le analisi tradizionali potrebbero non essere sufficienti. Inoltre, dimostrano che i microorganismi specializzati svolgono un ruolo fondamentale nei processi di formazione del suolo, inclusa l’alterazione minerale guidata dai microbi e la fissazione del carbonio e dell’azoto.
Sebbene questa scoperta sia di grande interesse per gli studiosi dell’Atacama, il nuovo metodo di analisi microbica potrebbe avere implicazioni ben al di là di questo deserto sudamericano. Con le sue caratteristiche simili a Marte, l’Atacama è spesso considerato un analogo del pianeta rosso, offrendo agli scienziati la possibilità di studiare condizioni estreme e cercare tracce di vita extraterrestre.
Lucas Horstmann, uno studente di dottorato presso il GFZ, ha evidenziato le somiglianze tra l’Atacama e Marte, sottolineando che entrambi presentano condizioni difficili in superficie, assenza d’acqua e alta radiazione UV, con la presenza di gesso simile a quello trovato sul pianeta rosso.
Quindi, mentre la domanda se ci sia vita su Marte rimane ancora senza risposta, i progressi nella ricerca condotta nell’Atacama potrebbero avvicinarci sempre di più a svelare i misteri della vita extraterrestre. L’articolo completo è stato pubblicato sulla rivista Applied and Environmental Microbiology.
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