Il Caso Helena Greenwood: Giustizia grazie al DNA

La storia di un omicidio risolto dopo 14 anni grazie alla scienza forense

Nel 1985, una scienziata di biochimica fu brutalmente uccisa nella sua casa nel sud della California, un crimine che sarebbe rimasto impunito per 14 anni. Solo grazie ai progressi nel campo del DNA, l’assassino è stato finalmente individuato. Questa storia di giustizia ritrovata è stata raccontata dal The Guardian, che ha citato la procuratrice Valerie Summers.

La dottoressa Helena Greenwood, di origini britanniche, si trasferì negli Stati Uniti nel 1977 con suo marito. Laureata all’Università di Sheffield, aveva completato il suo dottorato in biochimica presso l’Università di Londra. Dopo essersi stabilita ad Atherton, in California, iniziò a lavorare nei laboratori di ricerca della Syva, un’azienda di diagnostica medica.

Nel 1984, la casa di Greenwood fu presa di mira da David Frediani, un individuo violento che svolgeva anche attività di furto nelle zone benestanti. Frediani irruppe nella casa di Greenwood mentre era sola, minacciandola con una pistola per diverse ore, durante le quali la violentò sessualmente prima di fuggire. Nonostante Greenwood denunciasse l’aggressione alla polizia e venissero raccolti campioni forensi, l’indagine non riuscì a individuare un sospettato, nonostante il lavoro del sergente Stephen Chaput.

Dopo l’aggressione, Greenwood fu contattata dalla Gen-Probe, un’azienda di biotecnologia con sede a San Diego, all’avanguardia nella rivoluzione del DNA. La tecnologia del “DNA fingerprinting” stava emergendo grazie al lavoro del genetista Alex Jeffreys, che aveva trovato un modo innovativo per identificare il materiale genetico individuale.

Il caso di Greenwood fu riaperto nel 1999 insieme ad altri 300 casi irrisolti, guidato dalla detective omicidi della contea di San Diego, Laura Heilig. L’obiettivo era utilizzare i progressi nel campo del DNA per far luce su vecchi crimini. Il DNA fingerprinting di Jeffreys iniziò ad essere utilizzato nei tribunali, contribuendo a risolvere casi di immigrazione e medicina legale.

Il materiale genetico trovato sotto le unghie di Greenwood fu analizzato grazie al DNA fingerprinting, portando infine alla condanna di Frediani per omicidio di primo grado. Le prove raccolte dimostrarono che la probabilità che qualcun altro oltre a Frediani avesse lasciato quel materiale genetico era di uno su 2,3 quadrilioni, conducendo così alla giustizia l’assassino di Helena Greenwood.

La storia di Greenwood è un esempio di come la scienza e la tecnologia possano portare alla luce la verità anche dopo anni di oscurità, come se la stessa vittima indicasse dal suo sepolcro il suo assassino, come ricorda la collega Gisela Koestner.

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