Gli eventi meteorologici estremi sono sempre più frequenti, ma in che misura sono causati dal riscaldamento globale e quanto invece sono episodi isolati? Gli scienziati del North Carolina Institute for Climate Studies (NCICS) hanno affrontato questa domanda e pubblicato i risultati del loro studio su ”Environmental Research: Climate”.
La ricerca ha l’obiettivo di sviluppare un modello computazionale capace di distinguere tra eventi meteorologici legati al cambiamento climatico e quelli casuali, uno strumento che finora non esiste. Per fare ciò, i ricercatori hanno preso come riferimento un’ondata di caldo che ha colpito Louisiana e Texas per quasi quattro mesi nel 2023.
Il gruppo di studio, che include anche scienziati della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), ha analizzato dati storici raccolti dalle stazioni di monitoraggio del calore negli Stati Uniti negli ultimi cento anni per determinare l’anomalia delle temperature registrate. Questi dati sono stati confrontati con la frequenza delle ondate di calore descritte in un database e successivamente inseriti in un programma di analisi statistica predittiva.
Il risultato ha mostrato che una siccità simile, 50 anni fa, non avrebbe raggiunto le stesse temperature. Gli scienziati concludono dunque che l’ondata di caldo sia direttamente connessa al cambiamento climatico e che eventi di questo tipo diventeranno sempre più frequenti e intensi.
Attualmente, la maggior parte dei sistemi di misurazione delle ondate di calore è progettata per rilevare fenomeni della durata di soli tre-sette giorni, evidenziando la necessità di proseguire con ulteriori studi su episodi prolungati.
Secondo gli autori, lo scopo dello studio è anche quello di informare le comunità locali sulla probabilità di eventi estremi ripetuti. “Fornire alle persone queste informazioni in modo tempestivo le aiuterà a prendere decisioni sull’opportunità di rafforzare le infrastrutture o ricostruirle dopo un evento climatico,” ha dichiarato Carl Schreck, autore principale dello studio.
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