Il 16 ottobre 1843, il matematico irlandese William Rowan Hamilton ebbe un’illuminazione mentre passeggiava lungo il Royal Canal di Dublino. Così entusiasta della sua scoperta, incise l’equazione sulla pietra del Broome Bridge. Quel semplice graffito, che riporta la formula matematica fondamentale per i “quaternioni” — i² = j² = k² = -1 — avrebbe rivoluzionato la rappresentazione delle rotazioni e delle direzioni nello spazio tridimensionale, influenzando campi come l’ingegneria, la fisica e l’informatica.
Rappresentare le rotazioni nello spazio
Il problema che Hamilton voleva risolvere riguardava il modo di rappresentare in modo semplice e preciso la relazione tra direzioni nello spazio tridimensionale e le rotazioni che vi si potevano compiere. I matematici sapevano già descrivere una posizione nello spazio tramite coordinate x, y e z, ma descrivere le rotazioni richiedeva complessi calcoli geometrici. Hamilton cercava una soluzione più elegante e funzionale.
Si ispirò ai “numeri complessi”, una combinazione di numeri reali e immaginari, dove la moltiplicazione per i (radice quadrata di -1) equivaleva a una rotazione di 90° nel piano bidimensionale. Il suo obiettivo divenne, quindi, estendere questa idea allo spazio tridimensionale. Dopo mesi di tentativi, Hamilton realizzò che la soluzione stava in un sistema di numeri a quattro dimensioni, i quaternioni, composto da una parte reale e tre immaginarie (i, j e k), che rispondevano alla regola fondamentale: i² = j² = k² = ijk = -1.
I quaternioni e i vettori
Hamilton chiamò questi numeri a quattro dimensioni “quaternioni” e scoprì che erano perfetti per rappresentare le rotazioni in 3D, essenziali per muovere robot, orientare satelliti e guidare sonde spaziali. Ma soprattutto, definendo i vettori come componenti immaginarie dei quaternioni, fornì uno strumento capace di descrivere contemporaneamente direzione e grandezza di una forza o una velocità nello spazio.
Un contributo fondamentale venne anni dopo da Oliver Heaviside, che adottò i quaternioni per sviluppare l’analisi vettoriale, utilizzata ancora oggi. La notazione vettoriale di Hamilton, condensata in poche lettere, sostituì infatti equazioni complesse, semplificando calcoli in campi come l’elettromagnetismo, esemplificato nelle equazioni di Maxwell, e nelle moderne applicazioni digitali.
Un’eredità incisa nella pietra
Hamilton non vide mai il pieno riconoscimento del valore della sua scoperta, ma la sua intuizione continua a influenzare la scienza e la tecnologia. Ogni 16 ottobre, appassionati di matematica ricordano quella passeggiata lungo il canale di Dublino per celebrare l’Hamilton Day. Oggi, i quaternioni restano uno strumento indispensabile, usato quotidianamente in settori come la grafica computerizzata e la navigazione spaziale, dove si rivelano ancora la scelta ottimale per rappresentare e calcolare le rotazioni nello spazio.
In fondo, quell’incisione su una pietra lungo il canale di Dublino rappresenta l’inizio di un viaggio che ci ha condotto, passo dopo passo, verso le straordinarie applicazioni della matematica moderna.