La prima colonna della tavola periodica è popolata da elementi comuni e utili, ma c’è un elemento che spicca per la sua pericolosità: il francio. Situato in fondo a questa fila di elementi chimici, il francio è estremamente radioattivo e tossico per chiunque si avvicini. È così raro che si stima che nella crosta terrestre ci siano al massimo 28 grammi di questo elemento in un dato momento, e nessuno è mai riuscito a ottenere una quantità misurabile di questo metallo sfuggente.
Contrariamente agli altri metalli alcalini che hanno importanti utilizzi in batterie e processi cellulari, il francio non ha alcun impiego conosciuto e non sembra svolgere alcuna funzione biologica. Gli scienziati interessati allo studio di questo elemento devono crearne artificialmente bombardando il radio con neutroni o il torio con protoni, data la sua estrema rarità.
L’esistenza del francio è stata a lungo oggetto di speculazioni, fino a quando Dmitri Mendeleev, il padre della tavola periodica, teorizzò l’esistenza di un metallo alcalino con numero atomico 87. Questo diede il via a una frenetica ricerca per scoprire l’elemento ipotetico, con numerosi scienziati che affermavano di averlo trovato, solo per vedere i loro risultati smentiti successivamente.
L’unico isotopo naturalmente presente del francio, il francio-223, si forma durante il decadimento radioattivo dell’attinio. Fu scoperto nel 1939 da Marguerite Perey, una scienziata francese che lavorava con l’attinio all’Institut du Radium di Parigi. Il francio-223 ha un’emivita di soli 22 minuti, il che significa che metà degli atomi in un campione di francio si disintegra in questo lasso di tempo.
Il francio è stato ribattezzato in onore della Francia, paese natale di Marguerite Perey, che dà anche il nome all’elemento gallio. Le sue caratteristiche radioattive lo rendono estremamente pericoloso per il corpo umano, ma la sua rarità limita il rischio di esposizione.
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