Da anni gli astronomi non cessano di sorprendersi scoprendo gli elementi fondamentali della vita in tutto l’Universo, dalle lontane e fredde nubi molecolari che danno origine alle stelle agli anelli di materia che circondano i soli appena nati. Ma come hanno fatto questi “mattoni” di vita a raggiungere la Terra?
Per rispondere alla domanda, un team di scienziati dell’Università di Cambridge e dell’Imperial College di Londra ha utilizzato le firme chimiche dello zinco contenuto nei meteoriti per determinare l’origine degli elementi volatili sul nostro pianeta. I risultati suggeriscono che senza gli asteroidi “non fusi” molto probabilmente non ci sarebbero stati abbastanza di questi composti sulla Terra perché potesse sorgere la vita.
I volatili sono elementi o composti che si trasformano in vapore a temperature relativamente basse. E questo include i sei elementi più comuni negli organismi viventi, oltre all’acqua. I ricercatori hanno scelto lo zinco dei meteoriti perché ha una composizione unica, che può essere utilizzata per identificare le fonti di sostanze volatili terrestri.
«Una delle domande fondamentali sull’origine della vita – spiega Rayssa Martins, autrice principale dello studio – è da dove provengono i materiali necessari alla sua evoluzione. “Se riusciamo a capire come questi materiali sono arrivati a esistere sulla Terra, potremmo avere indizi su come la vita ha avuto origine qui e come potrebbe sorgere altrove”.
I planetesimi
I principali ‘pezzi’ di cui sono costituiti i pianeti rocciosi come la Terra sono i cosiddetti ‘planetesimi‘, piccoli corpi che si formano per accrescimento, un processo in cui le particelle attorno a una giovane stella iniziano a unirsi per formare rocce progressivamente più grandi.
Ma non tutti i planetesimi sono uguali. I primi che si formarono nel Sistema Solare, infatti, furono esposti ad alti livelli di radioattività, che li portarono a sciogliersi e quindi a perdere praticamente tutte le loro sostanze volatili. Ma alcuni planetesimi si sono formati più tardi, quando la radioattività era già cessata, consentendo loro di sopravvivere al processo di fusione e, cosa più importante per noi, di trattenere i loro elementi volatili.
In uno studio appena pubblicato su Science Advances, Martins e i suoi colleghi hanno esaminato le diverse forme di zinco che hanno raggiunto la Terra da questi planetesimi. Per fare ciò, hanno misurato la quantità di zinco in un ampio campione di meteoriti e hanno utilizzato i dati per creare un modello che riflettesse il modo in cui la Terra ha ottenuto il suo zinco. I ricercatori hanno tracciato l’intero periodo di accrescimento del nostro pianeta, un processo durato diverse decine di milioni di anni.
L’origine degli elementi volatili
I risultati mostrano che, sebbene questi planetesimi “fusi” contribuissero a circa il 70% della massa totale della Terra, fornivano solo circa il 10% del suo zinco.
Secondo il modello, quindi, il resto dello zinco sulla Terra proveniva da materiali che non si scioglievano né perdevano i loro elementi volatili. Questi risultati suggeriscono che i materiali non fusi fossero una fonte essenziale di sostanze volatili per il pianeta.
“Sappiamo che la distanza tra un pianeta e la sua stella è un fattore determinante quando si stabiliscono le condizioni necessarie affinché quel pianeta mantenga acqua liquida sulla sua superficie“, afferma Martins. Ma i nostri risultati mostrano che non vi è alcuna garanzia che i pianeti incorporino fin dall’inizio i materiali necessari per avere abbastanza acqua e altre sostanze volatili, indipendentemente dal loro stato fisico.
Pertanto, la capacità di rintracciare elementi nel corso di milioni o addirittura miliardi di anni di evoluzione promette di essere uno strumento essenziale nella ricerca della vita su altri mondi, come Marte o pianeti al di fuori del nostro Sistema Solare.
«È probabile – conclude Martins – che condizioni e processi simili si verifichino anche in altri sistemi planetari giovani. “Il ruolo che questi diversi materiali svolgono nel fornire sostanze volatili è qualcosa di cui dobbiamo tenere conto quando cerchiamo pianeti abitabili”.