Il mistero dell’altezza dell’Everest svelato

Il ruolo della rete fluviale nell'incremento millimetrico della montagna

Le vette più alte dell’Himalaya, nonostante la loro imponenza, presentano una particolare eccezione in termini di altezza. Il Monte Everest, con i suoi 8.849 metri, sovrasta i suoi vicini di centinaia di metri, in particolare il K2, di 238 metri. Questa discrepanza ha da sempre incuriosito gli studiosi, considerando l’uniformità della tettonica dell’Himalaya e le condizioni climatiche e erosive relativamente costanti che caratterizzano la regione.

Recenti ricerche hanno finalmente svelato il mistero di questa straordinaria altezza. Gli studiosi hanno ipotizzato che la causa di questa anomalia risieda in una rete fluviale ad alta quota che, nel corso di millenni, ha contribuito a spingere la cima dell’Everest sempre più verso il cielo, con un incremento di pochi millimetri all’anno.

Lo studio condotto da Adam Smith ha evidenziato che il fiume Arun, che scorre a est della montagna prima di confluire nel fiume Kosi, ha svolto un ruolo determinante in questo processo. Nel corso di millenni, l’Arun ha eroso enormi quantità di roccia, innescando un fenomeno noto come rimbalzo isostatico. Questo processo, alimentato dalla pressione del mantello terrestre, ha contribuito a far crescere costantemente l’Everest.

Calcolando i tassi di erosione dei corsi d’acqua nella regione, gli studiosi hanno stabilito che l’Arun si è unito al Kosi circa 89.000 anni fa, generando un aumento del rimbalzo isostatico. Questo ha consentito alla montagna di guadagnare tra i 15 e i 50 metri di altezza da allora, crescendo attualmente di circa 2 millimetri all’anno.

Questo fenomeno non riguarda solo l’Everest, ma ha coinvolto anche altre vette della regione, come Lhotse e Makalu, che hanno visto le proprie cime sollevarsi grazie al rimbalzo isostatico, posizionandosi rispettivamente al quarto e quinto posto nella classifica delle montagne più alte del mondo dal livello del mare.

Lo studio condotto è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Geoscience, confermando l’importanza di comprendere i processi geologici che plasmano le montagne più imponenti del nostro pianeta.

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