Scoperte numerose macchie sulla Stella Polare

Un team di astrofisici, coordinato da Nancy Evans dello Smithsonian Astrophysical Observatory, ha esaminato la superficie della Stella Polare, scoprendo diverse macchie. Le immagini sono state catturate grazie al Chara Array. Queste osservazioni hanno inoltre permesso, studiando il movimento di una stella compagna, di calcolare la massa della Stella Polare, la cui luminosità risulta superiore rispetto a quanto previsto dai modelli.

La Stella Polare, noto punto di riferimento per chi vive nell’emisfero settentrionale, è stata una guida essenziale fin dall’antichità, sia per i marinai che navigavano sotto il cielo stellato sia per chi, oggi, si avvicina allo studio delle costellazioni. Dopo il Sole, è probabilmente l’astro più celebre. Tuttavia, la sua fama non deriva da qualità particolari, ma dal fatto che, in questo momento storico, si trova casualmente a soli 0.7 gradi dal Polo nord celeste, una proiezione del Polo nord terrestre. Questa posizione le conferisce l’apparente immobilità che la rende un punto fisso nel cielo, immutabile per noi, mentre le altre stelle sembrano ruotare intorno a essa. In altre parti del mondo, come nell’emisfero australe, non si è verificata una simile coincidenza. Lì, gli abitanti si sono affidati alla Croce del Sud per individuare il sud, ma con una precisione inferiore rispetto alla Stella Polare.

Se si osserva la Stella Polare con telescopi molto potenti, si scoprono dettagli sorprendenti. Nonostante sembri ferma ai nostri occhi, in realtà si muove, come ogni altro corpo celeste nell’universo. Inoltre, non è sola: pur sembrando vicina ad altre stelle dell‘Orsa Minore, queste non hanno alcun legame reale tra loro, se non quello arbitrario di far parte della stessa costellazione, legata da miti umani. La Stella Polare, però, è effettivamente parte di un sistema stellare multiplo, legata gravitazionalmente a due stelle compagne, che sono meno luminose e non visibili a occhio nudo. Oltre a questo, la stella presenta delle pulsazioni regolari, che ne modificano dimensioni e temperatura in un ciclo di circa quattro giorni, e la sua superficie non è uniforme ma macchiata.

Nel 2021, il Chara Array ha osservato queste macchie per la prima volta, utilizzando falsi colori per evidenziare le variazioni di luminosità. Questa scoperta è stata condotta da un team di ricercatori guidati da Nancy Evans dello Smithsonian Astrophysical Observatory. Le osservazioni, eseguite con l’interferometro del Monte Wilson, vicino a Pasadena, sono state pubblicate sull’ApJ nel 2024. Lo studio, durato dal 2016 al 2021, aveva lo scopo di misurare l’orbita della compagna più vicina alla Stella Polare, una stella poco visibile che impiega circa trent’anni per completare un’orbita. Da queste osservazioni si è potuta stimare la massa della Stella Polare, che risulterebbe essere circa cinque volte quella del Sole, classificandola come una supergigante. Le cefeidi, la classe di stelle a cui appartiene, sono conosciute per la loro capacità di variare luminosità con regolarità, una proprietà che le rende utili per misurare le distanze astronomiche. La distanza della Stella Polare, ad esempio, è stata calcolata intorno ai 450 anni luce dalla Terra.

Grazie all’interferometria, che combina i dati di diversi telescopi per ottenere immagini ad altissima risoluzione, gli astronomi hanno scoperto che la superficie della Stella Polare è macchiata da aree più chiare e più scure. Questa tecnica è stata cruciale per rivelare dettagli inaspettati di una stella che fino a poco tempo fa ci appariva così familiare. Le macchie e la rotazione della stella potrebbero spiegare le variazioni nella sua velocità radiale osservate su un arco temporale di circa quattro mesi. Sono state formulate diverse ipotesi sull’origine di queste macchie, che potrebbero essere legate al campo magnetico della stella. Gli astronomi sperano di ottenere ulteriori immagini in futuro per chiarire meglio questo fenomeno.