Le conseguenze del cambiamento climatico potrebbero farsi sentire anche nelle profondità oceaniche, negli strati di ghiaccio secco, il cosiddetto permafrost, composto da anidride carbonica e metano prodotto dalle sorgenti idrotermali e poi catturato nel ghiaccio sottomarino. Un equilibrio delicato ha consentito, per milioni di anni, a queste sostanze ”serra” di rimanere intrappolate negli strati più profondi degli oceani artici, ma qualcosa potrebbe modificare questo meccanismo nel prossimo futuro. Il riscaldamento delle temperature oceaniche, sempre più accentuato, potrebbe infatti liberare il carbonio e il metano delle profondità nell’acqua. L’apporto di queste sostanze stravolgerebbe la composizione chimica dell’acqua, ma anche la stessa atmosfera.
Lo studio, i cui risultati sono stati pubblicati lo scorso gennaio sulla rivista Environmental Research Letters, sottolinea come un fenomeno di questo tipo si verificò alla fine del Pleistocene, circa 17.000 anni fa, quando una grande quantità di gas serra sfuggì dal fondo dell’oceano entrando in atmosfera. Il tutto si tradurrebbe in un aumento spaventoso delle temperature; un aggravamento del fenomeno dei cambiamenti climatici. Al ritmo attuale del riscaldamento globale, spiegano gli studiosi, gli oceani raggiungeranno la temperatura critica, per il rilascio dei gas serra, entro la fine di questo secolo. Insomma un nuovo campanello di allarme per il nostro pianeta; basti pensare che un colossale serbatoio di CO2 si trova nella parte occidentale del Pacifico, al largo della costa di Taiwan, un giacimento che necessita di un aumento delle temperatura di pochi gradi per perdere la sua stabilità.