Esposizione alla Radiazione nello Spazio: Risultati Missione Artemis I

Studio sulla Protezione degli Astronauti e Riduzione dell'Esposizione

Lo spazio è un ambiente ricco di radiazioni, con particelle cariche che si muovono nello spazio interplanetario principalmente provenienti dal Sole, ma con occasionali intrusioni da altre parti dell’Universo. Mentre sulla Terra siamo protetti dal campo magnetico e dall’atmosfera, gli astronauti non godono di questa protezione. Per questo motivo, due manichini, chiamati Helga e Zohar, sono stati inviati a bordo della missione Artemis I intorno alla Luna per misurare l’esposizione alla radiazione che i futuri astronauti potrebbero affrontare.

Le buone notizie arrivano subito: le dosi di radiazione a cui potrebbero essere esposti gli astronauti nelle future missioni sulla Luna difficilmente supereranno i limiti stabiliti dalla NASA. Questo conferma l’efficacia della navicella Orion nel proteggere gli astronauti dalle radiazioni dannose durante il viaggio dalla Terra all’orbita lunare. Strumenti di misurazione della radiazione, noti come dosimetri, sono stati posizionati attorno alla navicella spaziale e sui manichini Helga e Zohar.

I dati raccolti hanno mostrato che l’esposizione alla radiazione può variare drasticamente a seconda della posizione all’interno della navicella Orion. Le aree meglio schermate hanno ricevuto quattro volte meno radiazioni rispetto alle aree peggio protette. In caso di un evento solare significativo, la dose all’interno del rifugio dalla tempesta non sarebbe sufficiente per causare un’avvelenamento da radiazioni.

Anche Helga e Zohar erano dotati di dosimetri, ma Zohar indossava un gilet protettivo per stimare la differenza nella dose di radiazione. Durante la missione, i dati suggeriscono che gli astronauti potrebbero essere esposti a circa 30 millisievert, corrispondenti al 60 percento della massima dose precoce consentita per un lavoratore statunitense esposto a radiazioni. Una parte significativa di questa dose era dovuta alle fasce di radiazione di Van Allen che circondano il pianeta.

due manichini blu legati a una lastra di plastica. Uno indossa un giubbotto protettivo
Helga e Zohar, i manichini che hanno raccolto dati sulla radiazione in Orion.
NASA/LM/DLR

Artemis I ha dimostrato che è possibile ridurre del 50 percento l’esposizione alla radiazione orientando la navicella di 90 gradi durante il passaggio attraverso la fascia interna. Questi dati saranno fondamentali per la pianificazione delle future missioni Artemis, che mirano a portare l’uomo sulla Luna e oltre.

La missione Artemis I rappresenta un passo cruciale nell’avanzamento della nostra comprensione dell’impatto della radiazione spaziale sulla sicurezza delle future missioni con equipaggio sulla Luna. I monitor di radiazione posizionati all’interno della capsula Orion forniscono preziose informazioni su come la radiazione interagisce con lo schermo della navicella, i tipi di radiazione che possono penetrare e le aree che offrono maggiore protezione.

Sergi Vaquer Araujo, coautore e responsabile del team di medicina spaziale, ha sottolineato l’importanza di questi dati per garantire la sicurezza degli astronauti dell’ESA nelle missioni future nello spazio profondo. I dati raccolti da Artemis I rappresentano la più ampia collezione di informazioni sulla radiazione intorno all’orbita lunare e nello spazio profondo vicino alla Terra, superando le limitazioni delle missioni precedenti.

Artemis II è attesa per settembre 2025, con una durata massima di 21 giorni e un equipaggio composto da Reid Wiseman della NASA, Victor Glover, Christina Koch e l’astronauta canadese Jeremy Hansen. Questa missione segnerà un ulteriore passo avanti nell’esplorazione spaziale umana, aprendo la strada a nuove scoperte e alla sicurezza degli astronauti nelle missioni future.

Questi importanti risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Nature, confermando l’importanza e la rilevanza delle scoperte effettuate durante la missione Artemis I.

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